Tenzin  Gyatso
  • Qinghai (Cina), 06/07/1935

Biografia

Sono il XIV Dalai Lama. Vivo dal 1959 in esilio in India, a Dharamsala, con un seguito di 120.000 tibetani in seno ai quali ho costituito il governo tibetano in esilio.

Segni particolari

Il mio nome è Tenzin Gyatso, nato Lhamo Dondrub. Ho ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1989. Sono esponente della dottrina della non-violenza.

Scritti da Tenzin Gyatso

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Il futuro del Tibet deve essere deciso dai tibetani. La questione del Tibet ha nulla a che fare col futuro del Dalai Lama, ma piuttosto con la felicità ed il benessere dei sei milioni di tibetani.

Le creature che abitano questa terra - siano essi animali o esseri umani - sono qui per contribuire, ciascuno nel suo modo particolare, alla bellezza e alla prosperità del mondo.

Pericolose conseguenze seguiranno se i politici e governanti dimenticano i principi morali; sia che crediamo in Dio oppure nel karma, l'etica è il fondamento di ogni religione.

La mia speranza s'appoggia sul coraggio dei Tibetani, e sull'amore per la verità e la giustizia che è tuttora nei cuori della razza umana.

Non c'è oppressione che possa, alla lunga, vincere sul diritto e la giustizia.

Senza amore non potremmo sopravvivere. Gli esseri umani sono creature sociali e prendersi cura gli uni degli altri a vicenda è la base stessa della nostra vita.

Se riuscite a coltivare stati mentali salutari prima di andare a dormire e permettete loro di perdurare durante il sonno senza distrarvi, allora anche il sonno diverrà salutare.

Il semplice desiderio di aiutare tutti gli esseri viventi non basta per riuscirvi. Può anche trasformarsi in un'ossessione e servire soltanto ad aumentare le nostre inquietudini. Di conseguenza, l'altruismo deve associarsi alla saggezza.

Quando siete coscienti delle vostre sofferenze e insoddisfazioni, ciò vi aiuta a sviluppare la vostra empatia, la capacità che vi permette di rapportarvi con sensibilità verso le sofferenze degli altri. Ciò aumenta la vostra capacità di provare(…)

Ci sono solo due giorni all'anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l'altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere.