Le rimembranze

E questa è l'ora! mormorar io sento
Co' miei sospiri in suon pietoso e basso
Tra fronda e fronda il solitario vento.
E scorgo il caro nome; e veggo il sasso
Ove Laura s'assise, e scorro i prati
Ch'ella meco trascorse a passo a passo.
Quest'è la pianta che le diè i beati
Fior ch'ella colse, e con le molli dita
Vaga si fe, ghirlanda ai crini aurati.
E questo è il conscio speco, e la romita
Sponda cui mesto lambe un fonte e plora,
E i ben perduti a piangere m'invita
Qui de’ più gai colori ornossi Flora,
Qui danzaro le Grazie, e qui ridente
A mirar la mia donna uscì l'Aurora. 15
E qui la Luna cheta e risplendente
Guatocci, e rise; e irradïò quel ramo
Ove ha nido usignol dolce‐gemente;
E scosso l'augellin, mentre ch'io: " T'Amo "
A Laura replicava, uscir s'udia
Ne' suoi dolci gorgheggi: " Io t'amo io t'amo ".
O sacra rimembranza, o della mia
Prima felicità tenera immago,
Cui Laura forse a consolarmi invia;
Vieni: tu vedi solitario e vago
Il giovin vate, che piangendo porta
Ahi! d'affanni più gravi il cor presago.
Già s'avanza la Sera, e la ritorta
Conca tien alla destra, e di rugiade
Le languid'erbe, e i fiori arsi conforta.
E il Sol che all'Oeeàn fiammeo ricade,
Vario‐tinge le nubi, e lascia il mondo
All'atra Notte che muta lo invade.
E tutto è mesto: e dal cimmerio fondo
S'alzan con l'Ore negre e taciturne
Oscuritate e Silenzio profondo.
Era l'istante che su squallide urne
Scapigliata la misera Eloisa
Invocava le afflitte ombre notturne;
E su1 libro del duolo u' stava incisa
ETERNITADE E MORTE, a lamentarsi
Veniasi Young sul corpo di Narcisa:
Ch'io smarrito in sembiante, e aperti ed arsi
I labbri, e incerto i detti, e gli occhi in pianto,
Coi crin sul fronte impallidito sparsi,
Addio diceva a Laura, e Laura intanto
Fise in me avea le luci, ed agli addio
Ed ai singulti rispondea col pianto
E mi stringea la man: ‐ tutto fuggìo
Della notte l'orrore, e radïante
Io vidi in cielo a contemplarci Iddio,
E petto unito a petto palpitante,
E sospiro a sospir, e riso a riso,
La bocca le baciai tutto tremante.
E quanto io vidi allor sembrommi un riso
Dell'universo, e le candide porte
Disserrarsi vid'io del Paradiso....
Deh! a che non venne, e l'invocai, la morte?