Mi sembra di ricadere in quell'ospedale, nell'angoscia felice che ho scacciato. Scrivere è come sguinzagliare i ricordi e distorcerli, cuocere le parole con l'inchiostro e farle levitare sul corpo. E su di esso, ho delle stagioni piene d'ansia: il mio cuore che si lamenta per l'assenza dell'eco.
Ostili punti interrogativi stanotte m'inseguono. Perisce l'incognita strappata da rondini che tessono uno strano suono. Forse è il legarsi a un simile frammento che da inizio a uno smarrimento omerico nel futuro, che priva le cose di nomi: anch'io sono un preludio anonimo.