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I libri sono per loro natura strumenti democratici e critici: sono molti, spesso si contraddicono, consentono di scegliere e di ragionare. Anche per questo sono sempre stati avversati dal pensiero teocratico, censurati, proibiti, non di rado bruciati sul rogo insieme ai loro autori.
I delitti che presentano aspetti mai interamente chiariti (e che mai lo saranno) sono quelli più intensi, dal punto di vista narrativo.
Noi siamo abituati a dare a parole come "silenzio" e "solitudine" un significato di malinconia, negativo. Nel caso della lettura non è così, al contrario quel silenzio e quella solitudine segnano la condizione orgogliosa dell'essere umano solo con i suoi pensieri, capace di dimenticare per qualche ora "ogni affanno".
Un giovane che voglia avere davanti a sé una ragionevole porzione di futuro dovrebbe dominare (dico "dominare", non balbettare) almeno tre livelli linguistici: il dialetto locale, quando c'è; la lingua nazionale; una lingua straniera.
La letteratura non ha messaggi né valori morali da proporre, e quando ne ha, si tratta di un genere di cattiva letteratura. Il suo solo compito è di rappresentare la contraddittoria esperienza del tutto e del nulla della vita, del suo valore e della sua assurdità.