Di notte,
mentre le civette intonavano il loro canto lugubre,
mi ridestai dal sonno.
Vidi il tuo viso,
assaporai le tue labbra,
accarezzai il tuo corpo.
Però, come suole fare ogni sogno,
al risveglio tutta la tua essenza era perduta.
Insoddisfatta allungai il braccio,
nel vano tentativo di sfiorare la tua figura,
lì,
fra le buie lenzuola,
illuminate soffusamente da un debole fascio di luce.
Il tuo fantasma mi aveva abbandonata.
Mi lasciai cullare dalla materna notte
Nella totale inquietudine della solitudine:
“compagna eterna della mia esistenza”.
18 aprile 2011
Altri contenuti che potrebbero piacerti
Diverso
di Lucia Santarcangelo
Il fiore giace sulla sponda del fiume.
Mostra con naturalità la sua mansueta bellezza,
solo, (…)