Anche se il cielo
Scriverei, tuttavia. Anche se il cielo potesse farlo al posto mio
con parole più grandi e silenzi più veri. Anche se l’aurora avesse già detto
tutto ciò che io non riesco, con i suoi colori che graffiano l’atmosfera
come versi non scritti, io scriverei.
Scriverei perché non è questione di bellezza, ma di urgenza.
Se potessi restare a guardare, forse lo farei.
Ma anche l’attesa diventa fardello
se dentro senti il fiume delle forme, che non hanno essenza.
Noi, gocce di rugiada, veniamo portati via dalla brezza, sì.
Ma finché restiamo sul filo d’erba, luccicanti al primo sole
abbiamo traccia, anche solo per un attimo, di ciò che ci ha resi vivi.
L’apatia non è assenza. È troppa presenza, forse.
Un pensiero che si ripiega su sé stesso e fa male, eppure non smette.
Scrivere, allora, è guarire solo a metà, ma è già molto.
È il tentativo. È voler capire, anche se non c’è una risposta.
Tu scrivi, forse, per lo stesso motivo per cui il cielo colora l’aurora
non per essere visto, ma per non sparire.
PS: Parla della scrittura come urgenza, come tentativo di lasciare una traccia e dare forma a ciò che altrimenti svanirebbe. È resistenza contro l’apatia, un modo per esistere e comprendere, anche senza risposte certe. Scrivere è, non sparire.