C’è un segreto nascosto nella sfoglia sottile

C’è un segreto nascosto nella sfoglia sottile:
un filo d’uovo che unisce terra e memoria,
il grembo della pasta che accoglie carne, spezie, parmigiano —
un gesto antico, quasi sacrale.

Si parla di Venere, di ombelichi rubati allo sguardo,
di un oste che spiò la bellezza e volle imprimerla in un piccolo guscio,
chiudere il corpo in un istante d’arte gastronomica.
Ma la verità dei tortellini non è solo leggenda.

La verità è nei brodi che bolle solitari alfreddo dell’inverno,
nell’attimo in cui il profumo si leva — caldo — e avvolge stanze, cucine, famiglie.
È nel tocco delle mani che tirano la sfoglia
e nella pazienza che condisce il ripieno: mortadella, prosciutto, midollo, uovo, parmigiano, noce moscata.

La verità è nei dubbi: di Modena o di Bologna,
di confine invisibile che divide, ma unisce
nel gusto, nella forma a rosa, nella piega che chiude, protende, stringe.

La verità è che ogni tortellino è un piccolo universo,
che accoglie storie — di feste natalizie, di nonne, di cucine illuminate da lampade calde,
di risate, di silenzio rotto dal brodo che frizza —

Ma soprattutto:
la verità è che chi lo assaggia per la prima volta
non potrà dimenticare quell’equilibrio perfetto
tra morbidezza e croccantezza, tra brodo che coccola e ripieno che canta.

E se la leggenda ci incanta,
la verità ci nutre.