Una, improvvisamente
s’alza dal letto dicendo
«questo non si può fare». E s’agita, tira fuori
roba dai cassetti nella spazio impiccato
tra comò e attaccapanni, a momenti
fa cadere la lampada, il catino – e
fiera nelle sue scarpe davanti allo specchio
dove affiora la nebbia, ogni
tanto toccandoli col palmo della mana infonde
il fissatore‐insetticida sui capelli.
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Il cinema di Moretti è per me una sorta di paradigma di ciò che il cinema non deve essere. Non amo il suo minimalismo, il suo frammentismo, il suo autobiografismo; detesto la sua studiata (ma non per questo meno deprimente) sciatteria formale, il suo rimanere (non m'importa quanto voluto) al di qua, al di sotto di qualsiasi sintassi e di qualsiasi metafora.