Ho in me
la dannazione del poeta
e l’apatia d’un fermacarte
quando la notte cala il full di ombre
e i sogni sono saponette
disperse come bolle
in un puzzle che s’infrange tra le mani.
Ho in me
l’adrenalina che accende gli occhi del viandante
e la cecità dello stanziale
quando le sinapsi sono anelli non congiunti
e il respiro è un fiume in piena
che scavalca l’argine
e poi sosta, lì, sospeso.
Ho in me
l’imprevedibilità del riccio
e il misticismo del cammello
quando tendo al mondo la mia cruna
salvo poi celare l’ago
tra la bruma degli sguardi
di un riflesso enigmatico.
22 novembre 2016
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