Il vicolo stendeva il suo braccio
a zittire le gole,
lasciare voce
alle corde della luna.
Sul letto raccolto
una piccola donna
prestava orecchio
al tuo falsetto,
ascoltava il tuo non voler cantare,
una linea dentro il pugno
su quella trama sottointesa,
una fibra di tessuto,
già un filo di polvere sopra quel riposo.
Requie e confessione, spazio
nel padiglione auricolare.
Cavità segreta dei discorsi,
pescare nella profondità dovuta
e toccare l’estremo tuo timpano acceso.
Già risuona nei miei spazi vuoti
il tempo pieno del tuo ascolto.
21 settembre 2011
Altri contenuti che potrebbero piacerti
Oltre il Vesuvio
di Federica Giordano
Aderisco agli scogli,
passi di granchio sulle pietre.
Poi l’immersione dovuta,
(…)