Il tuo silenzio come condanna
Non mi hai risposto ai saluti.
Hai lasciato che cadessero,
uno a uno,
sul pavimento dell’anima.
Li ho sentiti spegnersi,
come candele al vento.
Hai scelto il silenzio,
non come rifugio,
ma come arma.
L’hai brandito con grazia crudele,
una lama d’ombra
che taglia senza sangue
e non lascia prove.
Punirmi — sì,
ma di quale colpa?
Di averti chiamato?
Di aver creduto che la voce
potesse ancora scalfire la distanza?
Ora il tuo tacere pesa,
diventa pietra,
diventa notte.
E io vi cammino dentro,
a piedi nudi,
cercando una parola
che non arriverà.
Solo l’eco
la mia,
che ritorna indietro,
stanca,
e sussurra il tuo nome
come una preghiera spezzata.