“Mi insegno la direzione”

Mi insegno,
prima di cercare risposte nello schermo,
che la luce nasce sempre dall’origine,
e che là comincia ogni giorno,
anche quelli che sembrano non iniziare mai.
Mi ricordo che il tramonto è solo una soglia,
non una fine.
Se allungo la mano verso ciò che inizia,
mi ritrovo il volto rivolto al tempo che avanza.
E lì, davanti a me,
imparo a camminare.
Con le spalle appoggiate allo spazio che mi ha generata
e il cuore che smette di girare a vuoto.
Mi insegno che l’acqua scorre dove deve,
non forza la salita,
non resiste al flusso.
Segue, cede, accoglie
e così arriva all’infinito.
Quanta forza c’è nella resa.
Guardo la Luna,
anche lei nasce dall’origine e scompare nell’ignoto,
eppure ogni volta ritorna.
Non importa quanto cambi volto:
è sempre lei.
E così anch’io, anche quando mi perdo,
posso essere ancora me.
Quando la Luna manca,
alzo gli occhi e cerco la luce che resta ferma.
Non si muove, non urla,
ma indica.
Più la vedo vicina all’orizzonte,
più so di essere prossima a qualcosa che cambia,
a quella linea invisibile che separa e unisce.
Se vedo un uccello in mezzo al mare,
mi insegno a seguirlo.
Non vola per caso:
sta tornando.
Anche io, se ascolto,
posso tornare a me stessa.
Mi insegno a rispettare ciò che non chiede voce:
gli alberi, gli animali,
il fuoco, l’aria, la terra, l’acqua.
Sono loro a darmi la vita,
non il rumore, non la corsa,
non l’approvazione.
Mi insegno a non possedere,
a non calpestare ciò che amo,
a non chiamare mio
ciò che vive anche senza di me.
Il rispetto è la lingua più antica,
e io la voglio ricordare.
Prima di voler essere connessa,
voglio essere presente.
Prima del cellulare,
voglio regalarmi un’alba vera,
un vento sul viso,
un silenzio che non spaventa.
Perché il dolore arriverà
non posso evitarlo
ma mi insegnerà.
Solo da lì nascerà qualcosa di nuovo,
solo da lì saprò cosa vuol dire rinascere.
Così mi ascolto.
Mi indico la via.
Mi insegno che la saggezza
non ha batteria e non perde campo.
È una bussola senza mappa,
e vive dentro me.
Di Raffaella Frese