So la strada e la neve, so in che casa
abitata da sempre troveranno
un riparo luminoso nell’anno
del gran freddo le miti ossa, l’invasa
d’oscura dolcezza anima. Si fanno
scorte, di schegge per la stufa è rasa
la cantina, di sopra si travasa
farina gialla e riso. Senza affanno
si cerca sulle onde corte la voce
antidiluviana che rassicura
gracchiando, sì, è finita la paura,
interrotta causa neve l’atroce
partita, l’interminabile, stanca
corsa del tempo. Più nessuno manca.
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Il cinema di Moretti è per me una sorta di paradigma di ciò che il cinema non deve essere. Non amo il suo minimalismo, il suo frammentismo, il suo autobiografismo; detesto la sua studiata (ma non per questo meno deprimente) sciatteria formale, il suo rimanere (non m'importa quanto voluto) al di qua, al di sotto di qualsiasi sintassi e di qualsiasi metafora.