Il Contado delle Pere
Non si sa dove inizi, né dove finisca. Non si sa quanto si estenda, né quanti lo abitino. Alcuni dicono che non esista in alcuna mappa, perché il Contado delle Pere non è un luogo da trovare: è un luogo da comprendere.
Chi vi giunge — o forse sarebbe meglio dire, chi vi arriva dentro — lo fa per esaurimento di rumori, per stanchezza di luci, per nausea di orologi. Entra in un tempo che non scorre, ma respira. Entra in un luogo che non calcola, ma accoglie.
Nel Contado delle Pere non si celebra nulla, perché ogni giorno è già celebrazione. Non si commemorano i morti, perché nessuno è davvero morto: tutto si trasforma, e tutto continua in altra forma, come il seme che non sa di essere già frutto.
Non si portano fiori recisi — sarebbe offendere la vita. La bellezza non si taglia, si contempla.
Le notti sono scure come l’origine del mondo. Nessuna luce artificiale le ferisce. Chi vi abita si lascia guidare dal lume delle stelle o dal chiarore della luna, e quando non ce n’è, si riposa. La notte è fatta per il silenzio, e nel silenzio ogni pensiero torna alla sua purezza.
Dal primo al quinto giorno, le mani lavorano in modo circolare: la terra dà, e riceve. Le pere crescono non in filari ordinati, ma in disegni che imitano il vento e la pioggia. Nessun campo è dritto, perché nulla nella natura è lineare. Il sesto e il settimo giorno, la terra e gli uomini riposano insieme, senza distinzione tra chi produce e chi accoglie.
Non ci sono orologi: il tempo si riconosce nei battiti del cuore e nel canto degli uccelli. Non ci sono sport, perché non c’è bisogno di misurare la forza o la destrezza. La meditazione è il respiro comune: non esercizio, ma presenza.
Nessuno qui compete, perché non esiste il verbo “vincere”. Si vive come si cresce una pianta: senza fretta, senza confronti. Le pere maturano ognuna al proprio ritmo, e nessuna è invidiosa dell’altra.
Non vi sono animali domestici, né allevamenti, né pesci in cattività. Tutto è libero, come libero è il vento che sposta i semi.
Non ci sono estetisti, perché la pelle parla da sé; non ci sono gelosie, perché non esistono proprietà. Non si conosce la moda, né il trucco, né l’ornamento: l’unica bellezza è la sincerità dell’essere.
Nessuno invecchia nel Contado delle Pere, ma non per magia o medicina. L’immortalità non è un dono del corpo, bensì della consapevolezza. Chi vive in armonia non teme la fine, perché la fine non è fine. È continuità. È eternità nella sanità, cioè nella salute integra dell’essere intero.
Non vi sono prigioni, perché nessuno desidera imprigionare. La libertà, qui, non si dichiara: si rispetta. E poiché non è imposta, esiste.
Non vi sono gioielli, piercing, tatuaggi: non serve aggiungere nulla a ciò che è già pieno di senso.
La contabilità è semplice: ciò che entra, entra; ciò che esce, esce. Nessun profitto, nessuna perdita. Solo equilibrio. La parola “ricavo” è caduta in disuso, come un guscio vuoto che non contiene più la vita.
Nel Contado delle Pere non si beve per dimenticare, ma per idratarsi. Non si gioca d’azzardo, perché non si gioca con la sorte. Tutto è certo e incerto insieme, come una foglia che cade. Nessun turismo: chi vi giunge non è visitatore, ma parte del luogo stesso.
Il linguaggio è puro, senza volgarità, perché ogni parola è un seme. Nessuno urla, nessuno suona: la sola musica è quella delle api, del vento, del ruscello che scorre tra i sassi.
E quando qualcuno chiede: “Chi governa qui?”, la risposta è semplice come una pera matura:
— Nessuno governa. Tutti si custodiscono a vicenda.
Il principio è inciso su una pietra che nessuno ha mai voluto spostare:
“Fa quello che può. Non fa quello che non può.”
E accanto, un’altra scritta, più piccola, ma luminosa come rugiada:
“La libertà esiste quando non è imposta.”
Non c’è capitale, non ci sono frazioni, non ci sono montagne da scalare. Tutto è pianura di quiete, respiro di foglia, cerchio di luce che nasce e tramonta senza chiedere applausi.
Il Contado delle Pere non chiede di essere trovato.
Chiede solo di essere capito.
E chi lo capisce, scopre che non deve andare lontano per trovarlo:
basta chiudere gli occhi, tacere, e lasciarsi maturare.