Impermeabile
Da qualche tempo il tempo non le apparteneva più. Scivolava via rapido, quasi infastidito dalla sua presenza, come acqua che non trova appiglio sulla pietra liscia. Lei lo osservava correre tra le ombre della stanza, allungarsi sulle pareti verso sera, ritirarsi al mattino senza mai sfiorarla davvero.
Il cuore, invece, non era ancora riuscito a capirlo. Continuava a bussare piano, come un ospite ostinato che non vuole lasciare la casa. Inseguiva echi di emozioni lontane, battiti che un tempo erano stati suoi compagni fedeli. Ora, però, erano soltanto rumori dispersi nel vento.
Non sapeva più chi fosse. Ogni giorno si svegliava con la sensazione di aver lasciato una parte di sé nei sogni, come un vestito abbandonato sulla sedia. Ricordava la donna che era stata, ma la ricordava da lontano, come si ricordano figure viste attraverso il vetro di un treno in corsa.
Un pomeriggio, mentre il sole filtrava pallido tra le tende, si sedette sul pavimento freddo. Aveva un desiderio semplice, quasi infantile: smettere di assorbire tutto. Le parole degli altri, i ritorni mancati, gli sguardi che pesavano troppo, persino la propria nostalgia. Voleva diventare impermeabile. Lasciare che il mondo le scorresse addosso senza trattenerla, senza ferirla.
Chiuse gli occhi e immaginò la sua pelle trasformarsi in superficie liscia, trasparente. Immaginò il cuore che, finalmente stanco, imparava il silenzio. Immaginò il tempo fermarsi un attimo per guardarla, poi proseguire senza più trascinarla con sé.
Quando li riaprì, niente era cambiato. Eppure qualcosa, in lei, si era spostato di un millimetro. Una piccola, quasi impercettibile, fessura d’aria.
Forse non si diventa impermeabili all’improvviso. Forse si comincia così: un granello alla volta, lasciando andare il superfluo. Restando, per una volta, a galla.