La casa del sole che sorge

La casa del sole che sorge

Il duca Filippo II di Orléans, nipote del re Sole e reggente di Francia, aveva basato il suo potere tra le ricchezze delle terre transalpine, il commercio dei vini di Bordeaux e della regione di Champagne e la pastorizia (tori e ovini) della Camargue, ma anche sulle colonie d’America. Per questo a lui nel 1718 era stata dedicata una città, in Louisiana, Nuova Orléans. Quel nome rimase, e rimane tuttora, a ricordo dell’antica dominazione francese. All’inizio dell’Ottocento, da qualche parte nelle terre del lontano West, qualcuno trovò l’oro, innescando una vera e propria corsa ai campi auriferi della California e del Klondike. America diventò sinonimo di terra promessa e molti giovani europei pensarono di tentare la fortuna oltreoceano… Nel marzo del 1858 un giovane discendente del duca d’Orléans, Jean, sebbene destinato a ereditare ricchezze e possedimenti nella Francia e nella bassa Savoia, decise per il suo spirito avventuriero di imbarcarsi su una nave diretta nell’America. Giunse dopo diversi giorni di navigazione al porto di New York. Qui travolto dall’ebbrezza e dall’oppio cinese, che gli fece perdere la ragione, si trovò un mattino senza più ogni suo avere! Ma non tutti i mali vengono per nuocere… Un certo Paul gli offrì un lavoro nella compagnia delle neonate ferrovie dell’East Coast e lui, racimolato dopo un mese il danaro necessario, prese il piroscafo che risaliva il fiume Mississippi e giunse all’attracco fluviale di Nuova Orléans. “Gesù, è la città di mio nonno!‐ si disse ‐ Un giovane di vent’anni qui anche senza millantare il proprio nome e le proprie nobili origini può fare fortuna”. Si fece registrare col nome falso di Marcel Cousteau e ottenuto un prestito aprì un locale che volle chiamare “Casa del sole che sorge”. Ordinato al drug store di Mills le pietanze, il tabacco e gli alcolici, pensò che si potesse far fortuna con le ragazze che si prostituivano per pochi dollari l’ora e con il gioco d’azzardo. Scrisse dopo un mese dal suo arrivo una lettera al padre, dicendo che aveva aperto questo bordello e che gli affari andavano bene, i tavoli da gioco erano sempre pieni di scaricatori di porto e lavoratori, e che la clientela era soddisfatta del saloon. Acquistavano sapone e acque di colonia francesi e della Guinea, e le ragazze erano soddisfatte di lavorare per la “Casa del sole che sorge”. La fortuna sembrava proprio arridere al Nostro, ma erano tempi turbolenti. Arrivò l’anno 1861 e il 12 aprile un urlo di guerra risuonò, con la campana delle 8 nel centro della città: “È guerra”. Gli stati confederati e la potente società del cotone e della schiavitù decisero di scindersi dalla federazione di Washington presieduta da Abramo Lincoln comandata da una lobby di rabbini ebreo‐ortodossi e massoni. La guerra portò grossa sventura ai proprietari terrieri e agli schiavisti. A Gettysburg, il 3 luglio 1863 il generale Robert Edgard Lee, rimasto solo con due milizie di soldati, di fronte alle continue battaglie perdute e alla palese impossibilità di continuare le ostilità contro Grant e il suo esercito, fu costretto ad alzare bandiera bianca. Il Discorso di Gettysburg, pronunciato nel novembre successivo da Abramo Lincoln, segnò la fine della confederazione del Sud, con l’annessione alla neonata nazione americana, oltre alla fine della schiavitù. A Nuova Orléans Jean, che si era indebitato tanto da dover vendere agli yankee “La casa del sole che sorge”, scrisse al padre: “Padre, ho peccato contro di te e il Signore, abbi misericordia di me e fammi tornare in Francia!”. Imbarcatosi come mozzo sul primo piroscafo, Jean giunse rocambolescamente a casa, dove il padre gli corse incontro come fosse il ’figliol prodigo’ e lo abbracciò, non volendo che si prostrasse. La “Casa del sole che sorge” e la sua storia fatta di fatue illusorie emozioni e tentazioni può essere anche una metafora della società contemporanea, in cui la schiavitù dal vizio ‐ gioco, prostitute, droghe – pur cambiata nel corso del tempo, segna sempre e purtroppo manda in rovina tanti giovani e adulti. Per concludere riporto la parte finale della canzone degli Animals (1964) che mi ha ispirato questo racconto: “O mother tell your children, not to do what I have done... Spend your lifes in sin and misery, in the House of the rising sun”… “ O madre di’ ai tuoi figli di non fare quello che feci io: spendere la propria vita nel peccato e nella miseria, nella Casa del sole che sorge.
Carlo Tracco