La perfetta padrona di casa
ATTENZIONE! Contenuto per soli adulti ‐ Linguaggio sessualmente esplicito.
Un piccolo ricevimento per riunire una ventina tra gli amici più stretti e scambiarci gli auguri. L’atmosfera di casa mia è calda e avvolgente, specialmente in prossimità delle feste, dove l’albero di Natale scintilla di mille piccole luci e dimostra la cura e l’amore che ho messo per realizzarlo.
A poco a poco arrivano tutti, e molti mi hanno portato un dono o un pensiero per ringraziarmi dell’accoglienza. Alcuni, che non vedo da tempo, mi presentano il nuovo compagno o la nuova fidanzata. Laura è arrivata con Marco, che dice essere un suo collega di lavoro ma, conoscendo la mia amica, credo che tra loro ci sia qualcosa di più.
Mi premuro che ognuno abbia in mano un calice di spumante e che le tartine salate, le fette di panettone e pandoro, disposte ordinatamente su vassoi d’acciaio tirati a lucido, siano sufficienti. Nel frattempo, sono contesa in ogni conversazione e cerco di dare retta e sorridere a tutti.
Quando mi muovo da una zona all’altra dell’ampio salone, sento addosso gli sguardi di ammirazione dei miei invitati, mentre Manuel è gonfio di orgoglio e non perde occasione per lanciarmi occhiate colme d’amore e di desiderio. Ero certa che il mio elegantissimo abito in velluto color bordeaux, piuttosto aderente e scollato, avrebbe conquistato tutti, e lui in particolar modo.
A circa metà serata, chiedo a mio marito se è il momento giusto per servire il dolce. Mi dice di sì, ma non voglio che rinunci a conversare con un suo amico per assistermi. Così lo rassicuro che posso fare tranquillamente da sola.
In cucina, avevo già preparato i piatti e le posate necessarie, perciò non mi resta che togliere l’enorme torta dalla confezione in cui è stata riposta accuratamente dal pasticcere.
Purtroppo, per il suo peso e le sue dimensioni, l’operazione non si rivela così facile e mi viene il forte timore che andrò a combinare un disastro. Fortunatamente, in quel momento, davanti alla porta della cucina passa Marco che mi vede e si precipita ad aiutarmi.
Solleva la torta con attenzione, mentre io mi occupo di togliere di mezzo tutto l’incartamento e riporlo nel contenitore della raccolta differenziata.
Lo ringrazio con un ampio sorriso. Ora che posso osservarlo meglio, noto che è proprio un bel trentenne, con i capelli neri e mossi, e gli occhi di un azzurro piuttosto intenso. L’elegante completo in seta color antracite gli dona in maniera particolare, e genera un bel contrasto con l’informalità della camicia bianca, portata senza cravatta e lasciata aperta sulla parte superiore. Anche il profumo del suo dopobarba, dalle note di cuoio e muschio non troppo secche, si addice perfettamente alla sua immagine.
“Vuoi una mano a tagliarla?” mi domanda lanciandomi un’occhiata seducente.
“Saresti così gentile? Non vorrei sottrarti a Laura per troppo tempo…” rispondo con tono involontariamente malizioso, frutto dell’inconscia curiosità di capire cosa ci sia effettivamente tra loro.
“Figurati. Stiamo già fin troppo a contatto quando siamo al lavoro…” replica con ironia.
“Usa questo coltello.” lo consiglio, passandogli quella che sembra una piccola scimitarra in argento, con la lama lunga e ricurva e il manico massiccio.
Marco inizia a tagliare con precisione il dolce, che cede docilmente sotto le mosse sicure del ragazzo. Quando ha creato la prima fila di tranci, faccio per recuperare qualche piatto al di là del tavolo. Ma, con un gesto maldestro, gli urto la mano con cui regge il coltello. Marco ne perde la presa ed esso vola a terra, non prima di aver trasferito il suo carico di panna, cioccolato e crema su una buona parte dei pantaloni del ragazzo.
“Che disastro!” esclamo, portandomi le mani davanti alla bocca. Marco si osserva la gamba dicendo: “Non ti preoccupare, non è nulla…”, per togliermi dall’evidente imbarazzo. Cerco di recuperare il controllo e gli passo qualche foglio di Scottex. Lui prova a pulirsi ma, eliminato il grosso, rimane un’ampia macchia.
Rifletto un attimo e mi ricordo della bomboletta di smacchiatore che tengo nel bagno di servizio. Chiedo a Marco di seguirmi e gli faccio strada fino alla piccola lavanderia, dove ho tutto ciò che serve alla pulizia della casa.
“Converrebbe che, prima, bagni la zona interessata con un po’ d’acqua, poi asciughiamo e gli spruzziamo questo. Vediamo se fa veramente i miracoli descritti sull’etichetta.”
Passo a Marco una spugna umida e lui fa come gli ho detto. Resto a osservare e la situazione sembra migliorare decisamente. Infine, gli porgo un panno per asciugare.
Appena ha finito, gli passo la bomboletta e lui applica il prodotto come da istruzioni. Si forma una densa schiuma che lasciamo agire qualche minuto. Nel frattempo, non parliamo ma continuiamo a ridere e sorridere per l’imprevisto.
“Dai, proviamo a vedere se ha funzionato…” dico, prendendo uno straccio pulito.
Istintivamente, afferro la cintura del pantalone, in modo che il tessuto rimanga teso. Con l’altra mano, tengo stretto il panno e inizio a strofinare energicamente per asportare i residui del prodotto smacchiante.
Nell’impegno che ci metto, mi accorgo un po’ troppo tardi che, senza volerlo, gli ho ripetutamente strusciato le nocche delle dita contro il pacco, che ora forma un bozzo evidentissimo che preme contro il pantalone.
Da perfetto gentiluomo, Marco non dice nulla e non accenna a nessuna reazione. Dentro di me, invece, emerge prepotentemente l’istinto della femmina sempre vogliosa ma anche crocerossina, che sente il dovere di fare tutto il possibile per rimediare a un disagio che ha provocato.
Perciò, interrompo la detersione dei suoi pantaloni e le dita della mia mano destra volano ad afferrare il cursore della zip. Lo tiro lentamente verso il basso e il suo percorso disegna la curvatura di ciò che sta trattenendo.
I lembi dell’indumento si aprono, lasciando che lo slip blu scuro emerga tra di essi e il suo rigonfiamento si presenti a pochi centimetri dal mio viso.
Attraverso il tessuto teso e sottile, riesco perfino a notare le protuberanze delle vene che pulsano e un profondo solco centrale che percorre il membro in tutta la sua lunghezza.
A una tale visione, gli slaccio velocemente la cintura e il bottone. Il pantalone scivola a terra e per me non è più un impedimento.
Il palmo della mia mano stringe quell’invitante montagnola di carne e, strizzandola con delicatezza, ne saggia più volte la consistenza. Le avvicino il viso e socchiudo le labbra, permettendo alla lingua di guizzare tra esse e appoggiarsi nel centro del solco, ora ancora più marcato. Lo percorre alcune volte, dall’alto verso il basso e viceversa, fino a quando il mio autocontrollo non cede definitivamente, portandomi ad afferrare l’elastico dello slip e ad abbassarlo con misurata parsimonia, perché, nonostante tutto, voglio gustarmi il più a lungo possibile quei meravigliosi attimi preliminari.
Nel frattempo, tra me e Marco non vola una mosca e nel piccolo bagno il silenzio è quasi metafisico. Percepisco il suo sguardo fisso su di me. Immagino che sia alquanto sorpreso per quanto gli sta facendo la donna che da tutti è considerata l’immagine della moglie ideale: bellissima e innamoratissima del proprio marito, perfetta padrona di casa, accogliente e brillante con gli ospiti, sempre sorridente e misurata nei gesti e nelle parole.
Invece, guardatemi qua: chiusa in un cesso, inginocchiata davanti a uno sconosciuto, probabilmente fidanzato con la mia migliore amica, in procinto di fargli un pompino fenomenale che difficilmente scorderà.
Perché lo faccio? Cos’è che mi manca? Non potrei essere ugualmente felice senza tradire il mio amorevole marito? Vi chiederete, e si chiederà Marco. A lui, la risposta potrebbe arrivare facilmente, perché sa di essere bello, educato e di essere capace di mille attenzioni che fanno breccia nei sentimenti e nella disponibilità di ogni donna.
La mia risposta, se mai ne avessi una, sarebbe ben più complessa: in certi momenti, prevale la parte irrazionale della mia personalità e, contro ogni mia volontà, vengono meno il buonsenso, la logica e la prudenza. Mi lascio trasportare dai sensi e da quell’attitudine alla troiaggine che ho scritta indelebilmente nel mio DNA.
Durante queste mie considerazioni, lo slip ha raggiunto le caviglie di Marco. Il suo membro, quando l’elastico ha liberato completamente il glande, è scattato in avanti. Mi ha toccato il mento, ha lambito le labbra e si è fermato contro la punta del naso. Il profumo di maschio mi ha scatenato una tempesta ormonale che ho cercato di compensare immediatamente imboccando quel succoso randello.
Dopo qualche frullata di lingua attorno alla cappella, ho spinto il viso verso il ventre del ragazzo, fermandomi solo quando ho iniziato a percepire i primi segnali di soffocamento. Ho potuto così prendere la misura per le successive potenti pompate, i cui rumorosi risucchi hanno finalmente rotto quell’imbarazzante silenzio.
Reputandomi una delle più brave pompinare in circolazione, non posso fare a meno di dimostrare a Marco con chi ha a che fare. Perciò, mi sfilo completamente il cazzo dalla bocca, lo prendo con i soli polpastrelli della mano destra, lo piego su un lato e, su quello opposto, inizio a far scorrere labbra e lingua che, inevitabilmente, gli regalano anche una splendida sega.
Per un tempo indefinito, proseguo come se stessi suonando una complessa melodia con un’armonica a bocca, finché un irrigidimento del corpo di Marco mi annuncia che è giunto il culmine del mio assolo.
“Sta per venire…” penso con somma felicità per la mia impeccabile esecuzione, ma realizzo che non posso prendermi la sborrata sul viso, perché mi distruggerebbe il trucco, o sul seno, perché rischierebbe di impiastrarmi il vestito. Non mi resta altra alternativa che riprendere il cazzo in bocca e lasciare che vi si svuoti dentro.
Faccio così e, dopo pochi secondi, il profondo rantolo di godimento del ragazzo accompagna l’orgasmo che in un istante mi inonda il cavo orale.
La sua crema è talmente abbondante che sono costretta a ingoiarne una parte per non farla traboccare. Quando le schizzate terminano, mi stacco velocemente, mi rimetto in piedi e infilo la porta di corsa, con l’intenzione di sputare nel lavandino della cucina quanto ho ancora in bocca.
Percorro il corridoio pregando di non incontrare nessuno che mi rivolga la parola, se no non saprei in che modo riuscirei a parlare.
Arrivo in cucina quando ormai ho inghiottito tutto. Devo solo asciugarmi le labbra e controllare che il rossetto water‐proof (quello che viene pubblicizzato, non senza mille doppi sensi, come “a prova di bacio”) abbia resistito.
Sistemo al volo un paio di fette di torta nei rispettivi piatti e torno tra gli ospiti con aria raggiante, cercando di capire se, negli sguardi che incrocio, qualcuno sospetti cos’ho appena combinato, sebbene sia consapevole di essere anche una brava attrice che riesce a dissimulare perfettamente.
Mi dirigo verso Manuel che sta chiacchierando con mio papà, e a quest’ultimo porgo la prima porzione di dolce, senza osare guardarlo in faccia. Do la seconda a mio marito, al quale, invece, lancio un’occhiata maliziosa.
Mentre mi allontano, ho la certezza che mi stia guardando il culo. Non potrebbe essere altrimenti, viste le sue insistenze a volermi scopare appena dopo essermi vestita, nell’imminenza dell’arrivo dei primi ospiti.
“Mi ringrazierai per averti opposto il mio momentaneo rifiuto.” penso con ironia e dolcezza, in considerazione della voglia di sesso che sento divamparmi in ogni cellula.
Incrocio Marco davanti alla porta della cucina. Mi guarda con aria interrogativa. Gli regalo un accenno di sorriso ma resto un po’ algida e impassibile, e gli domando: “Mi aiuteresti a servire il dolce?”
“Certamente…” non può fare altro che rispondermi, trasformandosi nel mio involontario e inconsapevole cameriere.
Quando termino passandogli le ultime due porzioni da servire, il pompino che gli ho concesso è per me già un lontano ricordo, archiviato nel cospicuo dossier immateriale delle mie trasgressioni.
Soddisfatta dal successo che la torta ha riscosso tra i miei amici, mi affaccio sul salone e il mio sguardo spazia tutt’intorno; controllo ancora una volta che tutto sia perfetto, che le bottiglie non siano vuote, che gli ospiti siano a loro agio, e non vedo l’ora che, finalmente, se ne vadano tutti affanculo perché ho l’impellente necessità di scopare con mio marito!