Le parole
Mi chiamo Elsa e domani compio cinquant’anni.
Ho due figli, Edoardo ed Emma, e una sorella più grande di sei anni, Elena.
Tutte queste E come iniziali dei nomi sono una fissa che mi hanno trasmesso i miei genitori, Egle ed Ermanno. Secondo loro l'iniziale E unisce, consolida, lega come un nodo d'amore, forse per questo il mio matrimonio con Pietro non ha funzionato.
Ho voluto sfidare quella stupida leggenda e alla fine ho fallito.
In realtà, quello con Pietro, è stato un grande amore, Pietro, era il “per sempre finché morte non ci separi”, non avevo messo in conto che un giorno invece mi sarei svegliata nel letto senza di lui.
Invece quel giorno era arrivato ormai cinque anni fa.
Pietro ad una convention ha conosciuto una giovane donna e se ne è innamorato.
Così semplice da dire, niente giri di parole.
Quando l’ho saputo, mi sono sentita annientata, stupida, ingenua, oltraggiata, ma nonostante tutte queste sensazioni non ho mai pensato comunque di porre fine al mio matrimonio, avrei aspettato che la “cosa” sfumasse, in fin dei conti il mio era un matrimonio solido, un incidente non lo avrebbe scalfito.
Invece Pietro di lì a poco ha preso le sue cose e se ne è andato.
È andato via da casa, senza fare nemmeno un tentativo per recuperare la situazione.
Il ricordo di quella sera, di quella conversazione è ancora indelebile nella mia mente.
Ero con Pietro in salotto, in quel salotto, era passata la nostra vita, avevamo visto film francesi, avevamo giocato con i figli, avevamo letto libri ascoltando musica jazz, avevamo fatto l’amore molte volte, proprio lì in quel salotto Pietro mi ha distrutto la vita.
Non volevo supplicarlo di restare, di pensarci, non ho usato i figli per trattenerlo, ho ascoltato in silenzio le parole, quei macigni che Pietro mi stava rovesciando addosso e che mi schiacciavano togliendomi il respiro.
Non era una questione di infelicità, ha detto Pietro, era una questione di maggior felicità, di rinnovata energia, di ossigeno.
Mentre ascoltavo, riuscivo solo a guardare la bocca di Pietro e pensare che non avrei più potuto baciarla, guardavo le belle mani di mio marito e pensavo che non mi avrebbero più accarezzata, guardavo Pietro così intensamente, cercando di imprimermi la sua immagine nella testa perché presto sapevo che sarebbe svanita.
Sono rimasta immobile per tutto il tempo, incollata al cuscino del divano, non volevo piangere, volevo davvero che il mio corpo si fermasse di esistere, ma invece piccole lacrime mi striavano le guance, scendevano come gocce d’acqua quando spiove tra i rami degli alberi.
Non lo avrei trattenuto, non volevo un uomo che non mi amava più, un uomo che dopo venti anni parlava di ossigeno, un uomo che sapeva cosa mi stava facendo e lo faceva comunque senza tentennamenti.
Non sapevo cosa dire ai miei figli, non sapevo come dirglielo, ma non ero io forse che dovevo farlo.
Infatti Pietro invitò o per meglio dire convocò i nostri figli in pizzeria e spiegò loro la situazione, lo fece come un amministratore delegato che comunica ai soci che darà le dimissioni, lui era sempre il loro padre ma avrebbe assolto a quel ruolo da una location diversa.
Potevo pensare tante cose di Pietro ma mai che fosse così freddo e distante con loro.
Ovviamente i ragazzi non la presero benissimo, si sono stretti attorno a me come una cinta muraria, per proteggermi e custodire l’unione familiare. Anche dall’altra parte tirarono su un muro ma per ben altri motivi.
Ho affrontato quel tempo con grande fatica, mi sono sentita malata, invecchiata, inutile, come qualcosa che è passato di moda o che non serve più a nessuno.
Mi sono buttata nel lavoro, sono un’agente immobiliare presso una prestigiosa agenzia, ho ormai raggiunto un’ottima posizione, amo il mio lavoro, mi piacciono le case e il contatto con le persone. In quei giorni così turbolenti, disperati, il lavoro mi ha ancorata a terra, impegnata tutto il giorno mi rimaneva poco tempo per pensare e per piangere.
Intanto il tempo passava, ed arrivò il primo Natale senza Pietro.
Fu un Natale strano, tutto, l’albero, le luci, i regali sembravano diversi, opachi, avevano perso i colori.
Sembrava un Natale in bianco e nero, persino quello che avevamo mangiato sembrava insipido, come se avessi perso il gusto e l’olfatto, insieme agli altri sensi ormai cancellati.
Però ci fu una cosa davvero sorprendente quel Natale, l’arrivo di Stella, una gattina grigia che Edo ed Emma mi hanno regalato. Tra me e Stella è stato subito amore, abbiamo incrociato i nostri occhi verdi e umano e animale si sono legati per sempre. Ho sempre voluto un gatto ma Pietro era allergico quindi non ne avevamo mai preso uno.
A pensarci bene Stella è stata il mio primo regalo di divorzio.
La prima volta che potevo scegliere da sola un cambiamento nella mia vita, anche solo l’arrivo di una micina.
Libertà, che bella parola riscoperta.
Nei quattro anni successivi la vita è andata avanti con una lentezza anomala. Ripensavo spesso agli anni del matrimonio, di come il tempo allora mi sembrasse scivolare via veloce, in quegli ultimi anni invece le giornate erano lunghissime, dilatate, e l’estate era il periodo che mi faceva soffrire di più.
Quando stavo con Pietro, affittavamo una casetta al mare in Toscana il mese di agosto, poi non me la sono più sentita di andare in quelle zone, troppi ricordi bellissimi.
E la paura di vedere Pietro proprio lì in mezzo a quei ricordi.
È facile per chi se ne va dividere le cose, le vie, le case dai ricordi, perché hai voglia di costruirne di nuovi, ma per chi resta fare questo lavoro è molto doloroso, talvolta impossibile.
Fortunatamente ho mia sorella Elena che non essendo sposata può organizzare il tempo come vuole, infatti dal giorno in cui Pietro andò via passiamo le estati sempre insieme noi due sole.
Il primo anno abbiamo scelto la Grecia, un’isoletta, vacanze tranquille fatte di bagni in mare, cenette e libri da leggere e da allora non abbiamo mai smesso di tornarci. Stare con Elena è per me una delle gioie della mia vita. Mia sorella, è più di una sorella, è la mia migliore amica, la mia complice, il mio faro e la mia coperta di Linus.
Queste meravigliose estati passate con Elena sono il secondo regalo di divorzio.
Non devo inseguire i desideri di Pietro, gli amici, correre dietro ai bambini, devo solo rilassarmi con un bicchiere di vino guardando un tramonto con mia sorella.
Il tempo una parola magica proprio come quei tramonti.
L’estate scorsa, durante una serata alla taverna del paese, arrivarono tre giovani donne: Tecla, Inès e Flora, tre amiche di Valencia.
La taverna quella sera era insolitamente vuota pertanto è stato facile iniziare a parlare.
Elena conosce un po’ di spagnolo per aver fatto un corso qualche anno prima e Inès parla italiano perché aveva fatto l’Erasmus a Bologna durante l’università, con questi pochi strumenti siamo riuscite ad imbandire delle belle conversazioni.
Tecla, Inès e Flora sono colleghe di lavoro e quella era la loro prima vacanza insieme.
Si creò subito una bellissima atmosfera e tutte e cinque ci siamo sentite così a nostro agio da passare praticamente tutta la settimana insieme.
Poi le tre spagnole sono ripartite.
Dopo la loro partenza abbiamo sentito molto la mancanza dei bei momenti trascorsi insieme e così abbiamo pensato di invitarle per un weekend dopo il rientro a casa.
Fu così che a ottobre arrivarono, Tecla e Inès dormirono da Elena e Flora a casa mia.
Tutte e tre sono molto particolari, ma Flora è davvero speciale, altissima, con lunghi capelli neri, con un’aria da ballerina di flamenco, non passa certo inosservata, in più è una cantante meravigliosa di canti tradizionali spagnoli, quando inizia a cantare nessuno può rimanerle indifferente.
Mi sono sentita subito molto legata a lei, siamo diversissime, sia fisicamente, io sono bionda con il viso pieno di efelidi e minuta come una ragazzina, sia caratterialmente, Flora è un’esplosione di gioia, io invece sono più ombrosa.
In Grecia avevamo legato moltissimo e quindi siamo state felici di poter passare del tempo insieme.
Nella mia vita ho avuto poche amiche, però tutte ottime amiche, sono sempre stata un po’ selettiva nello scegliermi le persone con cui legare, anche perché ho mia sorella Elena che è la migliore delle amiche.
Però Flora mi ha colpito.
Quella sera dopo aver cenato da Elena, io e Flora siamo tornate a casa, mentre passeggiavamo ho visto un’enoteca che conosco molto bene perché Pietro comprava i suoi vini lì da sempre, siamo entrate, era la prima volta che ci entravo dopo il divorzio. Abbiamo preso due bicchieri di malvasia dolce e siamo rimaste in silenzio ad ascoltare la musica di sottofondo.
Poi siamo rientrate a casa, appena chiusa la porta, mi sono girata e come se entrambe fossimo calamitate ci siamo avvicinate e date un lungo bacio. Dopo un attimo mi sono allontanata come se mi fossi bruciata le labbra e me ne sono andata in camera senza dire una parola.
Il mattino dopo, era tutto molto imbarazzante, Flora avrebbe voluto parlare di quello che era accaduto, ma io ero come impermeabile a qualsiasi contatto, non incrociavo mai il suo sguardo. Siamo uscite presto di casa, abbiamo raggiunto le altre e poi alla sera sono tornate a Valencia.
Non ho raccontato nulla ad Elena, era la prima volta nella mia vita che le tenevo un segreto, avevo bisogno di capire cosa era successo, di decifrarlo, di dargli un nome, non farlo mi confondeva troppo.
Quando la sera prima ero rientrata in camera ero stata assalita da vari stati d’animo: imbarazzo, disagio, vergogna ma anche eccitazione, un languore che partiva dallo stomaco e scendeva nelle gambe.
Prima di Pietro avevo avuto brevi relazioni, sempre con ragazzi, non mi ero mai sentita attratta dalle donne tranne per qualche fantasia erotica giovanile.
Erotismo!
Perché quello che avevo provato con quel bacio era stata una fortissima attrazione fisica, ma non era solo quello.
Quando quel giorno vidi Elena, feci finta di niente, ma mia sorella aveva già letto molto sul mio viso. Quando eravamo in Grecia, aveva intravisto come un filo di seta tra noi, un legame prezioso che stava nascendo, ma non mi aveva detto nulla, se doveva succedere qualcosa saremmo state noi a deciderlo.
Elena è una donna libera senza pregiudizi, che vede le persone per quello che sono non per appartenenti ad un genere, ritiene che l’amore possa nascere tra due cuori affini, quali essi siano.
Io non le ho detto nulla quel giorno ed Elena ha rispettato il mio silenzio.
Un mese dopo quel weekend, ho ricevuto una lettera da Flora, la cosa mi ha colpito, una lettera non una email o un messaggio whatsapp, conteneva anche una fotografia.
La foto era stata scattata da Flora e mi ritraeva in riva al mare nelle prime luci del mattino, quando l’ho vista mi sono emozionata, ricordavo bene quel giorno. Io e Flora ci siamo incontrate all’alba e abbiamo passeggiato fino al mare. Quella mattina avevo pensato alla felicità, mi sentiva felice dopo molto tempo, non avrei mai pensato qualche settimana prima che di lì a poco avrei potuto sentirmi così.
Sono rimasta colpita dalla lettera perché quello che ho letto era esattamente ciò che avrei voluto dire a Flora. L’avevo pensata molto, ma non avevo mai trovato il coraggio di chiamarla. Non ero pronta, non sapevo per cosa, qualunque fosse stato quel rapporto, ancora non lo avevo assimilato, ero troppo radicata dentro il mio ruolo sociale.
Per questo non le risposi ma andai subito da mia sorella a raccontarle tutto.
Sapevo che il mio silenzio poteva ferire Flora e sentivo che la mia vita era incompleta, ma non riuscivo a sbloccarmi. Avevo tante cose, persone che mi amavano eppure la felicità provata quel giorno all’alba in Grecia non l’avevo più sentita.
Così verso i primi di dicembre decisi di partire per Valencia. Avevo avvertito Flora del mio viaggio solo pochi minuti prima di salire sull’aereo, mi ero voluta tenere tutto il tempo per ripensarci.
Flora non sembrava sorpresa ma solo felice.
Quando arrivai all’aeroporto e la vidi fu come rivedere qualcuno di importante e familiare e sentii ancora scatenarsi quelle emozioni che avevo provato i mesi passati.
Flora mi abbracciò quasi timidamente, io invece la baciai sulle labbra.
Andammo subito a casa ed appena entrate Flora mi tolse la camicia ed io le sciolsi i lunghi capelli.
Naturale e senza bisogno di troppe parole.
È stato come percorrere un sentiero noto, non c’era curva o ansa sconosciuta. Flora mi ha fatto sentire super desiderata ed è stata la prima volta nella mia vita che mi sono sentita mio agio con il mio corpo.
Ho amato profondamente Pietro, ma eravamo una donna e un uomo, questo non è un male anzi è il bello di scoprire un corpo diverso dal proprio, ma è anche specchiarsi dentro occhi che riflettono dei ruoli, io ho sempre voluto essere per Pietro ciò che lui si aspettava da me, volevo essere sempre disponibile e desiderabile. Con Flora ho sentito che non c’era questa urgenza, potevo essere libera ed indulgente con me stessa, e con ciò che mi piace, eravamo solo due persone al di là dei ruoli.
Sono rimasta da Flora una settimana intera, e senza ombra di dubbio è stata una delle settimane più belle della mia vita. Abbiamo passeggiato tra mille negozi e musei, riso fino alle lacrime, mangiato senza rimorso, pianto ascoltando una canzone struggente, ci siamo addormentate abbracciate come una vecchia coppia e ci siamo amate. Non ci sono state promesse, né impegni, né “per sempre”. Ci sono stati solo minuti fantastici, che sono diventate ore e giorni.
Poi sono tornata a casa.
Abbiamo iniziato una lunga serie di lettere, telefonate, videochiamate, ci siamo davvero conosciute, e legate.
Ci siamo idealmente date appuntamento per vederci dopo Natale.
È così è stato.
Il 31 mattina Flora è arrivata., i ragazzi erano in montagna a sciare.
Quando l’ho vista ho avuto un tonfo al cuore, era bellissima nel suo cappotto bianco.
Flora mi ha abbracciata e baciata, lì in mezzo a tutti, io l’ho lasciata fare in quegli istanti c’eravamo solo noi due.
Abbiamo passato cinque giorni bellissimi e l’ultima sera abbiamo cenato da Elena.
Elena mi ha visto diversa, più consapevole di me stessa, più matura, soprattutto mi ha visto felice e si è chiesta cosa ci eravamo dette in quei giorni, se ci eravamo fatte promesse, se avevamo sognato orizzonti comuni.
In realtà avevamo costruito un legame davvero forte.
Domani compio cinquant’anni. Festeggerò con la mia famiglia, con le persone che amo. I miei genitori che non mi hanno fatto domande quando hanno conosciuto Flora e non hanno nemmeno fatto riferimento all’iniziale del nome.
Ci sarà Elena, la mia amata sorella.
Cia saranno Edo ed Emma i miei figli, colonne portanti ed importanti della mia vita, che hanno capito subito il legame che mi univa a Flora e hanno pensato solo a me, alla mia felicità.
Ci sarà Flora, il mio amore, la persona che mi ha regalato una seconda vita.
Il suo nome non inizierà con la lettera E, e non so se sarà per sempre, non ce lo siamo dette, ma sappiamo che siamo insieme ora, adesso, un giorno dopo l ‘altro, scoprendoci come persone e non come ruoli in cui incasellarsi.
Ho pensato molto spesso alla fine del mio matrimonio con Pietro, a come mi sono sentita impaurita ad affrontare la vita da sola, a come mi sentivo incapace di rialzarmi.
Non ho mai pensato che ciò che perdevo io perdendo Pietro, lo perdeva anche Pietro perdendo me, pensavo di essere in debito solo io.
Non ho mai pensato che talvolta è un bene che uno dei due si accorga che il matrimonio ormai è solo abitudine e rimescoli le carte.
Ho pensato che a volte il matrimonio diventa una stampella con cui affrontare la vita.
In questi cinque anni ho sofferto molto, ho pianto molto, ho avuto paura, ma poi ho anche lasciato che quella paura rimanesse in un piccolo posto del cuore, e così ho preso in mano la mia vita con coraggio.
Quel coraggio mi ha reso capace di vivere un amore straordinario come non pensavo potesse esistere.
Talvolta le parole che riceviamo ci fanno davvero male, come proiettili ci feriscono profondamente, cambiano il corso della vita ma poi scavano dentro e scavando trovano quelle risorse che ci fanno crescere e ci rendono ogni giorno più forti.
La vita è piena di parole straordinarie e di bellissimi regali.