Lo schizofrenico di famiglia
A cosa sto pensando?
Allo schizofrenico di famiglia.
E' il 1969.
Lo schizofrenico di famiglia ha 5 anni.
La mamma sta parlando con una maestra perché vorrebbe fargli fare 'la primina'. Nella conversazione, alla maestra sfugge la frase: "La legge dice che i bambini non possono essere iscritti a scuola prima dei sei anni".
A casa il bambino prende il piccio: "La legge dice che devo andare a scuola a sei anni e io ci vado a sei anni".
La mamma pensa: "Devo farlo andare a scuola controvoglia? Vuol dire che non fa la primina, andrà a scuola regolarmente".
L'anno successivo, la sorella di quattordici mesi più piccola fa la primina e così, dalla seconda elementare, il fratello maggiore si trova in classe parallela con la sorella. La cosa viene notata dai compagni di classe in quanto il maestro del fratello e la maestra della sorellina sono marito e moglie e c'è una interrelazione tra le due classi.
Arriviamo in quarta elementare. I compagni di classe del bambino hanno ripetutamente indagato: "Ma tu e tua sorella siete gemelli?" "No, mia sorella è più piccola di un anno". "E allora come mai fate la stessa classe? Tu sei stato bocciato?".
Il bambino prende un altro piccio e accusa la mamma: "Ecco, tu non mi hai fatto fare la primina, mentre l'hai fatta fare a mia sorella più piccola e adesso tutti pensano che io sia stato bocciato!".
La mamma pensa: "E adesso devo farlo stare con questo complesso?". Così parla col maestro per indagare se il bambino possa sostenere l'esame di quinta da privatista. "Sì, il bambino è maturo: può farlo". Così la mamma fa preparare il bambino per l'esame. Il bambino lo supera.
L'anno successivo il bambino può essere soddisfatto: lui è in prima media e la sorellina in quinta elementare. Tutto a posto quindi? No, tutti i giorni torna a casa tutto imbronciato. La mamma indaga: "Cosa c'é? Ci sono problemi a scuola? I compiti sono difficili?" "No, quelli sono sciocchezze!" "E allora cosa c'è?". Alla fine il bambino sbotta: "Tutti in classe hanno almeno un compagno delle scuole elementari, invece io non ho nessuno per colpa tua che mi hai fatto fare "il salto"!". "E meno male che è sempre colpa mia", pensa la mamma. Poi prova a convincerlo: "Guarda che, se anche non avessi saltato la quinta, mica era detto che avresti trovato un compagno delle elementari nella stessa classe". "Uno sempre sarebbe capitato!", insiste il bambino. Poi, a poco a poco, il bambino comincia a fare amicizia con i nuovi compagni e si quieta.
Rompiscatole e pronto ad incolpare gli altri delle proprie scelte o a incolpare gli altri in generale fin da piccolo.
Lo schizofrenico a 29 anni si lamenta con la sorella: "Non mi fate mai sapere cosa accade a casa!". Lo schizofrenico, dopo la laurea, aveva rifiutato due offerte di lavoro vicino casa e aveva accettato un lavoro a Roma, a 300 km, dove si era trasferito.
Un paio di settimane dopo, accade qualcosa e la sorella, ligia alle istruzioni, telefona per informarlo. "Io con i vostri problemi non voglio essere scocciato", è la risposta che riceve dal fratello. La sorella, purtroppo, si tiene dentro la replica che le viene spontanea: "Guarda, con il tuo atteggiamento, era fin troppo chiaro che non volessi essere scocciato; allora, perché hai chiesto di essere informato?".
Cinque anni dopo, lo schizofrenico parte per Baghdad per tenere un discorso sulla vita normale di persone che viene sconvolta dai bombardamenti. "E' più facile volere bene ai lontani che ai vicini", pensa la sorella. Per il compleanno, poco prima della partenza, la sorella gli ha regalato una camicia di Armani. L'avrebbe indossata a Baghdad per il discorso, afferma lo schizofrenico.
All'inizio dell'anno quando si recò a Baghdad, lo schizofrenico aveva ribadito, come faceva da anni, che "quella casa vecchia" a cui teneva tanto il padre non gli interessava: la sorella procedesse pure tranquilla a rimettere a posto coi suoi soldi quel tugurio diroccato e ci andasse pure ad abitare, come desiderava il padre.
Ventiquattro anni dopo, lo schizofrenico mette una mano intorno alla gola della sorella e le urla: "Tu hai avuto una casa gratis!".
All'età di 39 anni, lo schizofrenico si era presentato in agosto, in serata, inatteso alla casa al mare dei genitori con suocera, compagna, figlioletto, sorella della compagna e suo figlioletto.
Per risolvere la cena, il fratello, minore di nove anni, si offre di andare a prendere le pizze per tutti: undici in tutto, dato che ci sono già anche la sorella con il marito.
Quando rientra, la tragedia: la pizza per la compagna non è quella che aveva chiesto; lo schizofrenico aggredisce come un orco il fratello minore.
Lo schizofrenico ha quarant'anni. Il padre se l'è vista brutta e ha dovuto subire un intervento delicato. Dovrà fare delle terapie. Lo schizofrenico insiste con la sorella che deve chiamare lei all'ospedale per sapere quando il padre deve iniziare le terapie. La sorella, ligia alle indicazioni e alle insistenze, telefona due volte, facendosi scambiare per scema: la prima volta dall'ospedale avevano replicato che doveva esserci un malinteso e ribadito che avrebbero telefonato loro. Cosa anche più logica. Lo schizofrenico scende da Roma per aggredire la sorella accusandola di incapacità. Un paio di settimane dopo, dall'ospedale telefonano e così, finalmente, si mette da parte questa nuova fissazione dello schizofrenico.
Dopo una settimana dall'inizio della terapia, il padre inizia a stare male. Per una serie di incomprensioni con il reparto dov'è in cura e con il pronto soccorso, poco meno di un mese dopo, viene ricoverato d'urgenza in un altro ospedale. E' mercoledì. La sorella dello schizofrenico telefona in ufficio per informare che per qualche giorno non andrà.
Per tre giorni fa la spola tra i due ospedali per capire cosa stia succedendo e cosa fosse meglio fare. Con l'aiuto del marito e la cooperazione dei due primari, convince il padre a farsi trasferire nell'ospedale dove era già in cura. Lo schizofrenico, arrivato con comodo di sabato mattina, si volta verso la sorella e fa: "Se papà muore, è colpa tua".
La scelta si rivelò corretta e il padre non morì.
Diciotto anni dopo, è la madre ad avere bisogno di cure ospedaliere di emergenza. C'è solo la figlia a occuparsi di lei.
"La porti a casa", è un consiglio che si sente dire. Un ricordo: "Se papà muore, è colpa tua" e replica: "Io la porterei pure a casa, ma ho un fratello a Roma al quale devo dare conto". "Scusi, ma chi è che sta con Sua madre? Lei? E' Lei che conta, non Suo fratello".
Una verità espressa con decenni di ritardo.
Intanto arriva il chirurgo che ribadisce: "No, la signora deve essere operata". La figlia esprime le sue perplessità. Il chirurgo la rassicura: gli anestesisti effettueranno le loro valutazioni e informeranno se la signora può tollerare o meno l'intervento.
E' venerdì. Lo schizofrenico arriva il giorno dopo ed è anche lui all'ospedale la domenica pomeriggio quando vengono convocati perché una dottoressa anestesista vuole parlare con loro. La dottoressa semplicemente presenta dei fogli da firmare. "Un momento", replica la figlia, "mi era stato assicurato che ci avreste informato del grado di tollerabilità dell'intervento da parte di mia madre e quindi avremmo deciso; io così non firmo". "Mia sorella non si assume mai le sue responsabilità", interviene derisorio lo schizofrenico. La sorella inspira profondamente e pensa: "Stavolta non mi freghi, come mi hai fregato con mio fratello" (episodio non riportato in questa disamina). Replica: "E mio fratello sono trent'anni che pensa che lavora solo lui". Dallo sguardo della dottoressa capisce che è con lei.
La sera dopo, la figlia sta aiutando la madre a mangiare, quando arriva un infermiere con dei fogli in mano: "Ci sono dei fogli da firmare". La figlia ribadisce che, senza spiegazioni, non firma nulla. Telefona al fratello, il quale finalmente replica: "E no, così non ci sto nemmeno io: doveva essere un medico che doveva spiegare". Il fratello telefona al chirurgo, con il quale ha una conoscenza personale, e finalmente si arriva alla conclusione. Il chirurgo convoca la figlia e la informa che gli anestesisti avevano valutato che il rischio per la madre era a livello massimo. La figlia firma che rifiuta l'intervento e si accordano per le modalità di dimissioni della madre.
Un anno dopo, un messaggio vocale arrogante e accusatorio dello schizofrenico. L'ennesimo, da quando la sorella ha dovuto sbloccarlo su WhatsApp per via della mamma, Una piccola cosa. Ma è la goccia che fa traboccare il vaso? Lo schizofrenico ce l'ha fatta: ha atterrato la sorella. Dopo avere atterrato il fratello minore.
In entrambi i casi, ha avuto il sostanziale supporto del fu‐marito della sorella, il quale, dopo averla aiutata a salvare il padre, era stato sempre meno marito e più aguzzino. Lo era sempre stato, ma era occorso del tempo per capirlo.