Oltre la casa
Viaggiare. Questo mi piace.
Pur nella brevità del tempo che mi concedo, viaggiare.
E lo faccio con fantasia, sia ben chiaro! Il pensiero è più veloce della luce, non c’è bisogno che io debba spiegarlo. Basta il suono dell’acqua che cade sui piatti sporchi, la schiuma saponata che si addensa nel palmo della mano.
Un pensiero si affaccia, poi sembra perdersi, poi ritorna, un ricordo si sblocca e i ricordi richiamano ricordi, o altro immaginato. Il passo è breve, appunto!
Saltar di pali in frasche in modo quasi… poetico.
All’improvviso lui entra in cucina, si accende una sigaretta, si avvicina alla finestra e, passandomi dietro, inondando la mia aria di nicotina, mi sussurra all’orecchio:
‐ Succhiamelo!
Non c’è sole al margine del foglio, solo vuoto.
Vuoto al centro e vuoto ai lati.
Tutto collassa, così, disadorno. L’io narrante abbandona. Gli stessi righi scompaiono agli occhi che si annebbiano e le braccia si richiudono su se stesse.
Ecco, pensava, tutto rovinato, l’urlo di una bestia ferita nell’intimo si fa paragonabile allo stridere di un ingranaggio arrugginito.
‐ Adesso?, chiese disgustata.
‐ Finisco la sigaretta e andiamo di là, rispose, non percependo alcunché del suo sguardo, né dell’incrinatura della voce.
‐ Ma…
‐ Hai il ciclo, almeno me lo prendi un po’ in bocca e mi fai venire.
Sempre più in basso.
L’abisso chiamava e lei rispondeva quasi sottomessa, come un atto dovuto. Allora pensava a qualcosa di bello. A qualcosa di talmente coinvolgente che prendesse forma umana e la trascinasse via da lì.
Un pasto segreto si consumava nella sua mente.
A volte restava una macchia scura.
Come un peccato ma che le accendeva le fossette e un’ossessione di inchiostro tra le mani.