Vi racconto un sogno che ho fatto recentemente.

...e se fallire in tutto fosse l'obiettivo
che ci è stato assegnato prima di nascere?
cosa fareste voi?
...forse per salire di livello come anime dobbiamo aver sperimentato tutto nelle nostre vite,
ogni sfaccettatura, ogni ruolo.
...forse una volta completato il "muro" della nostra esistenza in quanto anime, in quanto noi stessi, i veri noi stessi, si conquista la pace, il paradiso, si diventa anime più grandi, di livello superiore, angeli? beati?
Come il muro di un videogioco, le stagioni di un'unica grande serie TV.
...forse quella che chiamiamo vita è solo una delle tante avventure fantastiche che dobbiamo affrontare per poi finalmente ascendere a quella vera, quella senza le nevrosi, disperazioni e sofferenze, magari è solo il nostro corpo fisico a provarle, magari mentre siamo i veri noi, le nostre anime, tutto ciò non esiste, siamo puri.
io l'ho sognato, ve lo racconto.

Ero sulla cima di una duna nel deserto, la duna più alta di tutte.
Tutt'attorno il cielo era di un azzurro stupendo, di colore acceso e vivace, privo di nuvole.
La sommità della duna era piatta, come un'aia fatta di sabbia, la quale sabbia era mossa da un dolce vento, una leggera brezza.
Di lato all'aia, nella parte alta dell'immagine nel sogno, c'era un piccolo casottino, una baracca, come il rifugio dei beduini che si vedono in alcuni film, era il mio rifugio, la mia baracca, la mia "casa provvisoria" ma vera, quella vera, quella della mia anima, di me, il vero me, il mio accampamento dove tornavo alla fine di ogni vita vissuta per depositare lì i miei souvenir, riposare, e poi ripartire all'avventura della prossima vita che mi venisse assegnata.

Fuori dalla baracca c'era un muretto basso, a forma di L, fatto di sacchi di sabbia, il quale dalla parete esterna della baracca rivolgeva verso l'aia.

Sono entrato nel casottino, subito dopo l'entrata c'era un piccolo tavolino con sopra degli oggetti, delle cose, le mie cose, i "souvenir" delle mie vite precedenti, tra quelli ho riconosciuto un vecchio tomahawk, probabilmente da un'altra vita precedente che ricordo di aver visto in cui ero una donna nativa americana.

Al centro dell'aia c'era un muro di pietra gialla, come una stele, con le immagini di ogni vita che ho vissuto nei secoli.
Delle piccole fotografie, sfuocate nel sogno.
Ho riconosciuto la seconda immagine in alto a sinistra, ero nell'antico Egitto, al tempo dei faraoni, si vedeva una piramide ancora in costruzione, vista dall'alto, non aveva ancora la punta, era aperta e cava.

Poi sono uscito dalla mia baracca e sono andato a guardare di nuovo il muro fuori.
Mentre lo guardavo, in quegli istanti, conoscevo tutte le regole del gioco, le sentivo nella mia mente, non come parole dette, ma come consapevolezza, come quando sai una cosa e basta, quando la sai dentro di te, la conosci.
Regole... al plurale... mmmm le si possono racchiudere in una sola: si debbono vivere e sperimentare un po' tutte le possibili sfaccettature e ruoli della vita, dall'aver sperimentato il successo, fama, gloria, ricchezza; all'aver ucciso almeno in 2/3 vite, magari come soldati, o guerrieri e quant'altro, e almeno in una vita bisogna sperimentare il fallimento.
E io a quel punto ho pensato: "dev'essere questa allora, quella in cui devo fallire, ci sto riuscendo alla grande...!!!"
Ho riguardato meglio il muro, ed era quasi completato, l'angolo in basso a destra era in ombra, e non vedevo benissimo, ma ne manca una, l'ultima.

Poi ho alzato di nuovo lo sguardo riguardando ancora il muro, e nella testa la voce di mia mamma che mi diceva: "forza Tiziano, forza figlio mio ce l'hai quasi fatta! Manca poco!"
Allora sono ritornato al mio capanno, alla mia baracca, ho preso il mio mantello ‐ proprio come quello dei beduini che coprono anche la testa per proteggersi dalla sabbia e dal sole ‐ e sono partito via a cavallo per tornare alla vita reale, attuale, e lì è finito il sogno, mi sono risvegliato.

E sia appena risvegliato, sia tutt'ora quando ci ripenso, quando lo riguardo nella memoria quel sogno penso:
"Cavolo però...! Proprio in questa devo fallire?! Proprio in questa in cui vi amo tutti così tanto miei cari! Proprio in questa devo deludervi, proprio in questa non posso darvi soddisfazioni?! Uffa però!"

Certo, era solo un sogno, e probabilmente è solo una scusa che racconto a me stesso per giustificare i miei fallimenti in questa vita, le soddisfazioni che non ho mai dato a mia mamma e ai miei familiari.
Oltretutto, mia mamma è venuta a mancare a marzo di quest'anno, appena riportata a casa dopo la degenza in ospedale, appena dimessa, il giorno prima del suo compleanno tra l'altro.
Quindi, essendo stato un sogno, in questo periodo così buio, potrebbe essere benissimo dettato dalla suggestione, dal turbine di emozioni e profondo e grandissimo dolore per la sua perdita.
Ma era tutto così reale, tutto così logico, quadrava tutto alla perfezione, sicuramente non a caso quindi, anche se fosse solo frutto del cervello e immaginazione.

Oppure potrebbe essere un messaggio reale per farmi capire il perché di tutto ciò, il perché si soffre e ci si dispera e spesso non troviamo risposte a ciò che noi stessi abbiamo o stiamo facendo.
Chissà, magari è stato un messaggio che mi ha voluto mandare mamma, ora che è di là, dall'altra parte della barricata e vede tutto.
Poi chi lo dice che i sogni non siano più veri della "realtà"?
Boh, le mie non sono affermazioni, magari... anzi al contrario, sono domande che mi pongo profondamente e alle quali non ho risposte, ma le cerco fortemente.

Ho voluto raccontarvelo non per farmi compatire (cosa che odio altamente la compassione!), ma perché mi faceva piacere condividere con voi che come me apprezzate la lettura, la poesia e i sogni.
Per condividere con voi le mie emozioni di questo periodo che sto vivendo.
Per raccontarvi un frammento di me, come facciamo tutti quando scriviamo qualcosa.

Un caro saluto a tutti sperando ne abbiate gradito la lettura.

Con affetto.

Tiziano