L'Onnipotente

Ebbi contatto con Apollonio il dotto
così nomato per il suo intelletto,
in men di una ora resemi assai edotto
di quanto l'uomo debbagli rispetto.

Spiegommo della Luna, Marte e Venere,
dei ritrovati della scienza in genere,
della grandezza del suo ingegno disse
e d'uomo, quasi, a cencio mi ridusse.

Esterrefatto fui, non ebbi voce:
A sentir lui Gesù è niente in croce
ch'è più grande lui, il perspicace,
che non Colui ch'è morto per la pace.

Avvilito, perplesso e conturbato
nell'ascoltar l'orrendo postulato
la testa china, il cervello andato
m'accosto pian pianino all'altro lato.

Era sereno il cielo, il sol splendeva,
la vegetazione verde, il fior rideva;
era la primavera ormai presente
tempesta alcuna non prevedea veggente.

All'improvviso lampo squarcia il cielo,
coperto tosto vien da nero velo,
pioggia scrosciante a catenella scende,
fragor di vento, nullo altro rumore rende.

E' buio tutt'intorno, è notte fonda,
freddo sudore dalla fronte gronda;
m'aggrappo ad Apollonio sommo dotto
che perso ha la baldanza nell'aspetto.

A Dio il pensiero vola ed è consolo
chè sento d'essere forte,non più solo.
Su Apollonio è fobica espressione
ch'è compianto a misero testone.