La nostra stagione

Ci siamo mangiati l'estate a piccoli morsi,
le briciole di mare consumate a brevi sorsi.
Non avevamo occhi da dedicare alle stelle,
non avevamo tempo da dedicare a finestre sbalordite.

Ogni stilla rigenerata tra gli abissi della privazione,
al di là di ogni sogno bambino la sabbia,
i brividi a roccia,
i piaceri alla schiuma,
il medio erborinato al tatto.

Basta una tiepida luce all'autunno per dire chi siamo,
ad ogni richiamo un incasso,
lesto a ingrandire il presepe dei giorni privati alla stalla.

L'inverno sta tutto in una busta di plastica,
dai maglioni vergini e dal cielo tinto di lacca,
col sangue avvinghiato,
a una voce incupita nella camera buia,
si logora anche chi gela
‐ forse più in fretta ‐
tra la luce turbata.

Primavera,
il manicomio di tutti i propositi alla cifra,
col respiro delle case a sapere il gelsomino
ed un fiume incerto a dividere il tuo sole dalla mia nebbia.

I fantasmi aggrappati agli specchi simpatici,
l'odore della tua voce
‐ svanito ‐
riecheggia in quel
‐ tuo ‐
non aver bisogno di nessuno.
La nostra stagione è l'oblio.