Non vi sopporto.

Cane è il mattino e s'arrocca il latrato
sui miei orti e fra steli di ciglia s'accende
la serranda d'alluminio. Destato
il capo dalla cuccia della notte, scende
dai cieli divelti da nuvole gialle, un sole
corsaro, sulle lingue degli astanti.

Strascichi di orfani nembi s'azzuffano
come piccoli omuncoli fra le punte delle
chiome dei miei cappelli, arsi s'accendono
miriadi di astri a rincorrere le stelle.
Il vento operaio ha incrociato le braccia,
il bosco s'accascia padrone di niente.

La luce inonda la torre di guardia, sul mare
ora appaiono i primi reggimenti: con rabbia
i re baffuti si fanno la guerra, e tutti a morire
sulla stessa solita ed inutile spiaggia
di sempre. Oh quanti sono, è davvero troppo!
Oh Notte! Torna, che già non li sopporto!