Quattro Cento sessantasei

Tutta la mia stanza è un foglio,
lo scrittoio campeggia nel centro,
toro elettrico che da anni tenta
di scalzarmi  ed io mi appiglio
alle sue corna esclamative ,
con gli alluci gli solletico
la pancia imputata di troppe
parentesi, scuole serali
per parole ancora in placenta.
Ogni tanto scaccio la scrofa
del silenzio, invadente come
l'ospite che non si preannuncia:
le pungolo la cotenna spaziale
sperando il fastidio le rammollisca
l'insistenza.Tutta questa stanza
che mi basta come rifugio antiatomico,
sotterraneo durante gli uragani,
dove la pioggia arrivando si dilegua
e cerca altre vie, dove le perdite
sono rancidume di avanzi per chi
non mi legge secondo direzione.
Non ho tubature fallaci, ritorni
di fiamma da condutture in
astinenza. Ho questo foglio
ristrutturato da cementini
bui ed ordinati, perenne
il lavoro in corso, nugoli
di  nere operaie al mio
servizio.Ed ho il cuore
avvampato, camino con i motori
al massimo: dormo sul dorso
del destriero  che giunge con
un fagotto di verbi, metafore
e sogni.  Chiunque li scaccerebbe
come fantasmi, presenze senza
dominio di pace: i miei coinquilini
buffi e magistrali. Mangiamo insieme,
poi ci zittiamo, gargarismo a fine pasto:
maneggiando bene questo vano,
abitiamo e da tempo immemore
la più solida delle convivenze.