Ultima chiamata

Non basta più dirti "ti amo".

Questa macchina non accetta gli spiccioli che ho elemosinato sotto casa tua,
per costruire il nostro futuro,
mentre aspettavo che tu lasciassi un letto sempre troppo affollato.

Ho speso tutto quello che avevo
per non lasciare la tua mano,
per seguire le tue parole,
ma il sogno finiva con uno spargimento di sangue,
ed ho pianto al risveglio.

Ti chiederò forse perdono un giorno,
ripensando ai tuoi occhi su di me,
alla mia obbedienza,
alle nostre voci che ridono,
ai nostri corpi stanchi e nudi,
e a questo amore che ha un prezzo troppo alto per me.

Speravo di poterne dividere le spese con te,
ma i conti alla fine del mese
mi ritrovo a farli da sola,
ed ho esaurito le risorse.

Non so cantare,
né suonare,
né giocolare o recitare;
sono nulla senza te,
e mi mancano ormai anche le lacrime
per continuare a mendicare.

Ogni tanto qualcuno rallenta e mi osserva,
attendendo quel sorriso,
ma poi passa oltre,
senza lasciar cadere monete.

Non mi resta che riaprire la valigia
stanca dei tanti hotels,
quella che avevo messo in cantina credendo di restare,
riempirla dei vecchi trucchi e costumi,
delle scarpe col tacco alto,
e ripartire.

Raccogliere i cocci della vita che avevo distrutto
e incollarli con il sangue,
che fa sì male,
ma tiene bene quando si secca;
fingendo che sia un vestito nuovo
che mi calza a pennello.

Riappropriarmi del mio nome francese,
quello che avevi fatto tuo,
o inventarne un altro,
e decidere di usare il biglietto confezionato sotto l'albero,
nella busta d'oro con il fiocco rosso.

Prendere l'ultimo volo,
prima che sia troppo tardi.

Per espiare il male che stavo per fare,
per non costringerti a scelte non tue,
per fare un regalo ad un bambino che non vuole più giocattoli.

Mi avvio al ceck‐in,
ombra nera col volto rigato e labbra truccate,
un solo bagaglio troppo pesante di cui non pago i chili in eccesso,
per pietà forse.

Mi guardo alle spalle più volte,
sentendo la tua voce che mi chiama,
ma ogni volta non ci sei:
è solo l'ultimo crudele scherzo della mia mente
che non si rassegna a lasciarti.

Incerta, temporeggio,
cercando ancora con gli occhi appannati tra la folla,
te che mi corri incontro e mi porti via da li;
ma non arriverài:
"io non ti inseguo", mi hai detto molte volte,
e certe cose accadono solo nei film.

Una voce metallica e gentile mi scuote,
ultima chiamata;
vorrei gridartì "ti amo" ma non basta,
non ci sei,
e devo andare.

Quello che ho nel cuore non posso portarlo sull'aereo:
è "materiale esplosivo",
dovrò lasciarlo ai controlli di polizia. Marcirà.

Porto con me solo un collare di cuoio nero,
per il cane che non avrò mai,
e un orologio un tantino largo dal cinturino di metallo,
per ricordarmi
che il tempo non esiste.