Al chiosco libraio (tratto da "Ansie letterarie")

Ci siamo. Michele La Spina è alle prese col violino, nel suo solito buco. Ha uno sguardo che non ti dico.
Quiiiik, griiìi...
– Bau, bau – fa il cane alle mie spalle.
Io, al solito, spulcio la serie di libri messi di cozzo sul davanzale. È scomodo e mi infastidisce: o li esco uno alla volta e mi decido a sfogliarli, o debbo accontentarmi di leggere il titolo torcendo il collo.
– Bau, bau – fa ancora quello.
Quiiiik, griiìi... insiste Michele.
Alle note stridenti, fa da contraltare il latrare del cane. Non mi volto nemmeno, so come vanno le cose al chiosco libraio del corso Italia.
– Signor Michele, guardi che c’è qualcuno che desidera la sua attenzione.
Michele abbozza il suo solito sorriso, prima di interrompersi: il sorriso di un poeta distolto dalla sua attività creativa. Abbassa il violino, disarma l’espressione di artista e mi fa:
– Non le è piaciuto il re, vero?
– No, che re e re d’Egitto. Ho solo detto che c’è qualcuno che desidera la sua attenzione.
– Bau, bau – continua il quattrozampe alle mie spalle.
– Ah, ma è il mio amico volpino! – dice Michele lasciando cascare l’occhio sul cane. Poi esce dal suo buco, mi tira per un braccio e mi porta con sé, davanti al cane.
– Aspetti, che ora gli faccio vedere una cosa.
Si china sul cane, il dito puntato al cielo e il volto espanso in una smorfia allucinante.
– Zitto, capito? Zitto! – gli fa.
Il cane si solleva sulle zampe posteriori: quelle anteriori li tiene piegati al petto. Con tale postura guarda Michele di sbieco, come fanno i cavalli. Lo fissa, e rimane in attesa.
– Ma che fa? – Mi chiede Michele tutto stranito.
– La sta guardando storto.
– Ah, sì? Ora gliela faccio vedere io.
– Zitto, capito? Zitto! – ringhia intanto Michele.
Il volpino nel frattempo riassume l’assetto canino. Mi sposto per avere il cane di fronte; voglio scrutarne meglio l’espressione. Nel suo lato tutto bianco la pupilla riflette l’immagine di Michele, inginocchiato davanti a lui. E Michele sembra Belfagor, per quanto ha trasformato il suo bel viso. Nel lato tutto nero, la pupilla del cane riflette l’immagine di Michele: entrambi gli occhi guardano verso il centro del viso, come di chi vive profondi conflitti psicologici interiori ed è incapace di risolverli. Le trame dell’iride si presentano con fibre aperte che formano disegni apparentemente in rilievo, non ci sono macchie o colorazioni.
– Zitto ti ho detto! Capito?
E addio pace. Il volpino si scatena e, se possibile, abbaia con più energia di prima. Un latrare a leva pelo contro quel dito puntato al cielo e il viso smunto di Michele chino su di lui. Sembrano toccarsi, i due visi, talmente sono vicini.
– Signor Michele – dico – non è che fra lei e il cane è nata in realtà un’amicizia di quelle rare?
Michele si alza, porta la mano al mento. Michele pensa. I suoi occhi azzurri sono come colti da un lampo. Mi viene vicino con due passi: ma è una danza. Tutto ballonzolante, mi fa:
– Lei crede davvero che il volpino cerchi la mia amicizia?
– Che al cane lei gli sia antipatico, io lo escluderei. Ogni mattina, alla stessa ora, quello viene qui per abbaiare solo a lei.
– Ecco, pure lei se n’è accorto?
– Logico, vengo qui quasi tutti i giorni. Comunque, penso che gli abbaiamenti del volpino siano di simpatia, non di rancore.
– Ma come fa a capirlo?
– Dalla tonalità del latrare. Perché vede, l’abbaiare del cane è simile al suono che sprigiona lei col suo violino: sembrano entrambi che azzannino il cervello, ma tutto sommato sono innocui.
– Ma allora a lei non piace come suono il violino, veero?
– Signor Michele, scherzo. Ormai ci conosciamo. Lei è un bravo violinista, per carità.
Mano sul mento, Michele pensa.
– Eppure io non gli ho fatto mai una carezza al cane, ne sono certo a mille per mille.
– Rimane il fatto che il cane cerca solo lei. A me, per esempio, manco mi vede; un’ombra sono per lui. Se ne faccia una ragione, quel volpino si è innamorato della sua persona. E qualcosa lei gli avrà pur fatto. Deve solo ricordare che cosa.
– Vabbè, una volta gli ho tirato la coda, ma una cosa lieve lieve. Lui mi ha guardato per alcuni istanti e mi ha sorriso.
– Che astrusità andate raccontando, signor Michele. Un cane che sorride!
– Vabbè, un’altra volta gli ho mostrato il libro dei cani. Sa quello con le figure grandi?
– Che il volpino sia un cane letterato?
– No, questo lo escludo, perché mentre voltavo le pagine a un tratto ha abbaiato ripetutamente contro una figura in particolare.
– Che figura?
– Quella di un cane con le zampe lunghe lunghe; aveva il pelo fino fino e ben pettinato, con la messa in piega in testa; inforcava persino gli occhiali da vista, da intellettuale.
– E mi faccia capire, il latrare dl volpino era simile a quello che fa quando vede lei?
– No, per nulla. Anzi, ora che mi ci fa pensare, sembrava più cattivo in quel momento. Era furioso, pieno di collera, ne sono certo.
– Ho capito. Con quel pelo fino e ben pettinato, e gli occhiali da vero intellettuale, il volpino l’avrà scambiato per un cane scrittore. Lui odia gli scrittori, proprio come li odia lei, signor Michele.
– Ecco, in un primo momento l’avevo pensato anch’io questo. Ma io odio soltanto gli scrittori locali, quelli che vengono al chiostro libraio solo per lasciarmi i loro libri che hanno pubblicato di tasca loro. Ne avessi venduto uno, dico!
– Bau bau – riattacca il quattrozampe.

Si avvicina un vecchio.
– La Sicilia – fa.
– Mi spiace. Ma qui non si vendono giornali – gli dico (Michele, mano sul mento, è incantato a guardare il volpino, che, stanco di abbaiare, lo sta fissando intensamente).
– Non si vendono giornali? – mi fa il vecchio.
– È una libreria questa, non lo vede? Libri.
– Libri!
– Libri.
– Qui nell’edicola?
– Qui, nell’edicola.
– Non c’è più mondo. Anche i libri, ora!
– Bau bau fa il cane.