DANILO E ROSAURA (FAVOLA)

​Buonasera a tutti. Mi presento: mi chiamo Danilo e sono un carrello per la spesa. Ora sono vecchio ma voglio raccontarvi la mia storia. Ero un piccolo carrello: rosso e civettuolo, con le ruotine bianche, solo due, non ero uno di quei carrelli privilegiati che hanno quattro ruotine, ma ero felice lo stesso. Chi mi costruì fu molto soddisfatto del suo operato e subito mi propose ad un negozio: il negoziante mi guardò a lungo, poi saggiò con le mani la mia robustezza, ed io feci di tutto per gonfiare la mia tela e rendermi gradevole, riuscendo anche a nascondere benissimo la voglia di ridere a causa del solletico che le sue mani mi procuravano rovistandomi dappertutto. Mi avrebbe messo in vetrina sperando che qualcuno mi vedesse e mi acquistasse. Non mi attraeva tanto la vita in vetrina per due semplici motivi: la mancanza di privacy e, peggio ancora, il fatto che spesso e volentieri i negozianti si dimenticano di abbassare la tenda esterna lasciando che i poveri esseri esposti si abbrustoliscano al sole. Tanto non potevo fare niente, soltanto sperare che questo negoziante fosse un po' più attento. Lui intanto continuava a fissarmi, con gli occhiali abbassati sulla punta del naso, e si accarezzava il mento con due dita. Chissà poi perchè  si metteva gli occhiali, se poi, per vedere, doveva abbassarli sul naso. Mah, i misteri degli esseri umani! Quanto riflettere per un carrello della spesa! Che avesse cambiato idea? Non mi voleva più? Ma mi aveva guardato bene? Io ero bellissimo e avevo anche tutte le rifiniture bianche che col rosso stanno benissimo. Forse avrebbe preferito un carrello con quattro ruotine? Ero molto in ansia, ma poi il negoziante sciolse ogni riserva e decise di acquistarmi.  Vidi, con un po' di malinconia, l'artigiano che mi aveva creato, andarsene dopo avermi dato un'ultima occhiata: però ero contento perchè sapevo che aveva bisogno di soldi e per merito mio avrebbe avuto un paio di giorni di tranquillità. Mentre salutava avevo sentito che il negoziante si chiamava Celestino. Che nome strano, Celestino! Comunque Celestino mi sollevò con delicatezza e mi sistemò in vetrina, anzi in un angolo della vetrina che io peraltro arredavo ottimamente. Ero l'unico carrello per la spesa e ciò mi fece sentire molto importante. Cominciai subito a guardarmi intorno, salutando per prima cosa i miei vicini: una bicicletta, quattro rotoli di carta da parati, uno stendibiancheria, due nani da giardino e un bel soprammobile di ceramica che rappresentava una sirena. Mi salutarono con gentilezza, anche se la bicicletta rimase perplessa quando vide le mie ruotine:
"Ma non sono troppo piccole le tue ruote? Come fai a muoverti?" E fece una risatina maliziosa.
"Io non devo muovermi da solo e poi non sono una bicicletta! Non vedi? Sono un carrello per la spesa! Mica posso avere le ruote grandi come le tue!"
"Ah, perciò per muoverti tu hai bisogno che qualcuno ti trascini! Che disgrazia poverino!" La bicicletta rise di nuovo divertita.
"Guarda che anche tu per muoverti hai bisogno di qualcuno che azioni i pedali! Cosa c'è di diverso?"
Come potevo far capire a quella presuntuosa che il mio compito era molto importante? Non dissi più niente e cominciai a guardare la gente che passava sul marciapiedi davanti al negozio. Notai che molti si fermavano a guardarmi e sperai di essere venduto in fretta. Non intendevo sopportare a lungo quella bicicletta arrogante che mi guardava dall'alto in basso.
Fui fortunato perchè quel pomeriggio una signora si fermò davanti alla vetrina: mi guardò ed io capii che le ero piaciuto.
Lei entrò nel negozio e poco dopo Celestino venne a prelevarmi dalla vetrina. Ebbi appena il tempo per salutare tutti e per far notare alla bicicletta così antipatica quanto fossi utile, visto che mi avevano acquistato subito.
Ma quale fu la mia sorpresa!! Celestino tornò verso la vetrina e prelevò anche la bicicletta. Non ci potevo credere: la signora in questione stava comprando anche quella stupidina, che naturalmente mi guardò altezzosa:
"Come vedi sono utile anch'io."
Insomma avrei dovuto convivere con la "signorina tu mi stufi"? 
La guardavo mentre metteva in mostra il luccichìo dei suoi raggi, e si pavoneggiava nel suo bel colore azzurro metallizzato. Beh, dovevo ammettere che era davvero carina: se solo fosse stata un po' più simpatica!
Celestino intanto decantava alla signora tutti i pregi della bicicletta: si chiamava Rosaura, era comoda moderna e pieghevole. Ero un po' geloso, ma in fondo di me cosa c'era da dire! Ero tutto lì, robusto e in bella vista, non avevo virtù nascoste, io. Il mio nome era scritto in bianco sulla tela rossa e fui molto grato a Celestino quando disse:
"Anche il carrello ha un nome. Vede? Si chiama Danilo."
La signora rise: "Caspita, che nome altisonante! A me interessa che sia bello resistente, anche perchè non credo che lo chiamerò per nome" E rise di nuovo.
Mi fu simpatica: effettivamente forse sarebbe stato difficile che lei chiacchierasse con un carrello per la spesa. Stava dicendo a Celestino che con gli anni le braccia avevano cominciato a farle un po' male e così non riusciva più a portare le borse della spesa e pensava che il carrello fosse la soluzione, anche perchè lei si spostava quasi sempre a piedi.
"Oggi sono venuta in automobile così posso portare a casa anche la bicicletta....anzi Rosaura."
Guardai Rosaura. Dal suo sguardo se n'era andata tutta la spavalderia, sembrava diventata triste all'improvviso.
"Beh, cos'hai? Non sei soddisfatta?"
Lei mi guardò:
"Sono terrorizzata. Non sono mai stata piegata e ho tanta paura. E poi sarò chiusa dentro il baule dell'auto. Ti sembra che possa essere allegra?"
Mi fece tenerezza e in un attimo dimenticai tutta la sua prosopopea.
"Non ti preoccupare ci sarò anch'io con te, ti farò coraggio."
"Oh no, tu sarai sui sedili dell'auto e potrai guardare dal finestrino, mentre io sarò al buio e mi mancherà l'aria. Con ogni probabilità mi faranno anche male tutte le giunture. Ho visto piegare altre biciclette, e prima che le persone imparino come si fa, è sempre una tortura."
Pensai che aveva ragione, ma non sapevo proprio come aiutarla.
"Vedrai che Celestino non ti farà male, lui è un esperto. Piuttosto sarà la signora che dovrà imparare, ma non credo che tu sia destinata a viaggiare in auto: hai sentito? Lei si sposta a piedi perciò semmai sarai tu a portarla a fare passeggiate all'aria aperta. Stai tranquilla. Il tuo destino è migliore del mio: io sono destinato a portare pesi e a essere riempito oltre le mie possibilità, ma sono nato per questo."
"Grazie Danilo, sei molto dolce e sono contenta di sapere che vivremo nella stessa casa."
Come succede spesso, da un'antipatia iniziale stava nascendo una bella amicizia.
Rosaura fu sistemata nel baule ed io sui sedili posteriori dell'auto, proprio come aveva previsto lei, ma per fortuna il tragitto fu breve. 
La casa mi piacque subito. Era una piccola costruzione a due piani con un bel cortile dove c'erano una tettoia e un garage. Rosaura su depositata sotto la tettoia, ed anch'io. Poi la signora sistemò l'auto in garage e lo chiuse soddisfatta, come se si fosse liberata da un peso. Capii che non aveva tanta simpatia per i motori. Entrò in casa, e noi ci guardammo.
"Hai visto che non è successo nulla di così brutto? E com'è bello questo posto?"
Era proprio bello: dietro la casetta si intravedeva la campagna, e di fronte, un po' spostato sulla sinistra, un lungo viale asfaltato ombreggiato da grandi alberi di tiglio. C'era qualche altra casetta come quella in cui avremmo abitato noi, e c'erano anche un paio di ville eleganti a poca distanza. Sì, era proprio bello.
"Sì Danilo, penso proprio che qui mi divertirò."
Ormai stava scendendo la sera e io ero stanco. Era stata una giornata faticosa e densa di avvenimenti. Anche Rosaura cominciava a sbadigliare. La signora non si era più vista. Dissi:
"Dormiamo?"

"Sì, buonanotte Danilo."

"Buonanotte Rosaura."

"Il buio mi fa un po' paura."

Con una piccola spinta avvicinai la mia ruotina al suo pedale, lei si sentì rassicurata e si addormentò.

L'indomani fu per noi l'inizio di una vita di lavoro. Tutte le mattine alle dieci, puntuale come un orologio svizzero, la signora mi prelevava dalla tettoia e mi portava a piedi al supermercato dove venivo riempito all'inverosimile. Certe mattine pensavo che non ce l'avrei fatta da quanto ero pesante, e ogni dislivello della strada mi dava un contraccolpo pericoloso. Temevo per l'incolumità delle mie ruotine e mi chiedevo quanto tempo avrebbero resistito, e poi, per dirla proprio tutta, così grasso non mi piacevo per niente. Avevo bozzi da tutti i lati: o per una scatola che premeva da una parte, o una bottiglia da un'altra parte, insomma assumevo le forme più strane. Quando Rosaura mi vedeva arrivare, già da lontano cominciava a ridere e a prendermi in giro.

"Come sei grasso grasso grasso" Cantilenava  e rideva "grasso grasso grasso"

Ma io non mi arrabbiavo perchè sapevo che era uno scherzo. In effetti lei mi voleva molto bene ed anche la sua vita era difficile perchè riposava molto meno di me. Lei era sempre a disposizione per chiunque arrivasse. Tutti la prendevano per andare dappertutto, spesso la facevano cadere e non  usavano nessuna delicatezza. Era già ammaccata in vari punti ed io sapevo che ne soffriva molto. Non era più così luccicante, anche perchè raramente qualcuno la lavava. Alla sera finalmente restavamo soli, l'uno accanto all'altra, ed allora io le raccontavo le storie che avevo sentito narrare dall'artigiano al suo nipotino mentre mi costruiva. Erano belle favole e così Rosaura sognava principi e regni incantati, e si addormentava. Ma il tempo passava e i disagi aumentavano.

Io spesso non  riuscivo a dormire perchè cominciavo ad avere problemi alle cuciture, inoltre una ruotina si era già staccata e il fabbro me l'aveva dovuta saldare. In quell'occasione la signora aveva deciso di farmi saldare anche l'altra così non si sarebbe più verificato nessun problema. Avevo sofferto molto per quell intervento ed oltretutto ora le mie ruotine erano molto più rigide e sentivo molto di più i dislivelli del terreno. E allora, se non potevo dormire vegliavo il sonno di Rosaura e la consolavo se si svegliava piangendo. Mi faceva tanta tenerezza. Al contrario di me che conoscevo già in partenza quale sarebbe stato il mio destino, lei aveva sperato in una vita allegra e spensierata, e adesso era delusa e triste.

Erano trascorsi due anni quando, una mattina, la signora mi rivolse la parola:

"Caro Danilo, hai fatto il tuo tempo. E' ora di sostituirti. ormai sei tutto consumato. Mi costerebbe di più farti riparare che comprare un carrello nuovo."

Detto fatto mi trovai depositato accanto ai bidoni della spazzatura.

Rosaura, che aveva assistito a tutta la scena, piangeva disperata.

"Non puoi lasciarmi, non andartene. Cosa farò io!" Ma sapeva anche lei che non c'era niente da fare Ci guardavamo da lontano, lei sotto la tettoia ed io vicino ai bidoni, tutti e due consapevoli del nostro limite invalicabile: avevamo le ruote ma non potevamo raggiungerci.

Per la prima volta nella mia vita piansi disperatamente e mentre piangevo mi accorsi che mi stavo muovendo: un uomo mi stava trascinando via, lontano dai bidoni. Era malvestito e trasandato. Ebbi paura, ma poi pensai che tutto sarebbe stato meno doloroso della discarica.

Mi ricordai di avere già visto l'uomo quando andavo al supermercato: frugava nei bidoni e raccoglieva cose di vario tipo. Così io gli sarei servito per riempirmi di cose raccolte nella spazzatura. Pazienza. Daltronde ero vecchio e malandato, cosa avrei potuto pretendere? Mentre lui mi trascinava da un  bidone all altro

io pensavo a Rosaura. Chi l'avrebbe consolata quando avesse avuto paura del buio, chi le avrebbe raccontato le favole per farla addormentare serena?

Non riposavo mai, ero sempre per la strada, ma una mattina accanto a un bidone  in una scatola semiaperta vidi il soprammobile di ceramica che rappresentava la sirena. Era bellissimo e intatto. Chissà perchè l'avevano buttato via!

"Questo sì che è un colpo di fortuna" disse l'uomo "Questo me lo pagheranno bene."

La scatola era grande ed io non potevo contenere altro, così l'uomo si diresse subito in paese.

"Ciao Danilo, ti ricordi di me?"

"Certo che mi ricordo Sirena! Cosa ti è successo?"

"Non piacevo più, mi hanno buttata via"

Mi dispiaceva davvero. Era così dolce e gentile, ma era anche civettuola.

"Speriamo che non mi si rompa la coda, con tutti questi saltelli!"

"Non ti preoccupare, sei ben sistemata, non ti romperai."

Intanto eravamo arrivati in paese e l'uomo si diresse proprio verso il negozio di Celestino.

Ero felice, mi sembrava di tornare a casa. Celestino! Come ero contento di rivederlo!

Celestino lo fece entrare e subito rimase stupito a guardare: cercò il punto della mia tela dove era stato scritto il mio nome che non si vedeva quasi più.

"Danilo! Ma guarda un po' come ti sei ridotto! Sei sporco, scucìto, proprio malmesso."

Poi si rivolse all'uomo:

"Ti compro tutto, anche il carrello!"

"Ma il carrello mi serve"

"Te lo pago bene"

Scoppiavo di felicità, sarei rimasto lì, avrei smesso di girovagare sotto il sole o le intemperie, all'aperto, sempre in pericolo. Celestino mi avrebbe tenuto con sè. Sarebbe stato tutto perfetto se il pensiero di Rosaura non mi avesse continuato ad angosciare.

Quando l'uomo se ne fu andato, Celestino prese la sirena e la pulì bene e la rimise in vetrina.

Poi mi guardò:

"Con te sarà un po' più laborioso! Cominciamo da una bella lavata!"

Un bel bagno era proprio quello di cui avevo bisogno. Tornai a vedere il rosso della mia tela, anche se un po' sbiadito, e il bianco delle rifiniture. Le ruotine, lucidate, sembravano quasi nuove. Dopo avermi lavato si mise alla macchina per cucire e mi aggiustò bene. Poi mi guardò soddisfatto:

"Caro mio sei come nuovo. Ma non ti venderò più. Ti terrò con me, puoi essermi utile."

Pensai che la mia vecchiaia sarebbe stata serena con Celestino, ma non sapevo come dimostrargli la mia gratitudine.

La mia vita era tranquilla con lui. Ogni tanto mi portava con sè al supermercato, ma mi trattava con molta delicatezza e soprattutto mi teneva in casa, in cucina vicino a lui. Non mi sentivo mai solo e non pativo più caldo o freddo e i pericoli della strada, ma nella mia mente c'era il pensiero fisso di Rosaura. Oh, se avessi potuto farmi sentire da Celestino, se avessi potuto parlargli! Si avvicinava anche Natale ed io pensavo a quanto si sarebbe sentita sola Rosaura sotto la tettoia, al freddo e magari con la neve a due passi.

Ed un giorno accadde una cosa davvero speciale. Celestino decise di attuare una promozione di biciclette pensando che la gente a Natale è più disposta a fare spese, così espose un bel cartello con scritto: "Promozione biciclette, si ritira l'usato. Grossi sconti."

Aspettai e aspettai e aspettai ancora finchè, pochi giorni dopo, l'auto della signora si fermò davanti al negozio. Lei entrò e si rivolse a Celestino:

"Mi viene ad aiutare? Vorrei comperare una bicicletta nuova e ho portato quella vecchia."

Il miracolo era avvenuto. La mia felicità era alle stelle. Rosaura fu portata nel retro del negozio e quando mi vide scoppiò in lacrime. Anch'io piangevo e non riuscivo a dire nulla. Ci bastava essere lì, l'uno vicino all'altra, dopo tanta lontananza e tanta sofferenza. Riuscii solo a dire:

"Non ti ho mai dimenticata. Ti ho sempre aspettata."

"Ne ero certa e non ho mai smesso di sperare."

Stasera è la vigilia di Natale. Celestino è un uomo anziano e vive da solo. Si è preparato una cenetta e un piccolo albero di Natale, però sotto l'albero ha sistemato la capanna della natività perchè, dice lui, è una tradizione. Nella sua cucina il camino è acceso e lui ha alzato il bicchiere per brindare:

"Amici miei, Danilo, Rosaura, Buon Natale"

"Buon Natale Celestino! e...grazie."