Elena e Dick Tredicesimo Capitolo

Gli uomini che l'avevano presa avevano l'aspetto di bovari, sporchi e grossolani giusto i tipi che Elena non temeva. In realtà non aveva mai avuto paura di nessuno, e l'unico che l'aveva spaventata adesso era lontano. Fece capire che non avrebbe gridato e la lasciarono libera. Scrollò la testa per riprendere il controllo delle facoltà :‐ Non ho intenzione di gridare e nemmeno di opporre  resistenza. Lasciatemi libera di respirare e sarà meglio per tutti. ‐
:‐ La signora fa la spiritosa‐ disse quello che sembrava il capo e un altro rise :‐ Le faremo passare la voglia.‐ erano ancora fermi sotto un tiglio ormai spoglio e le foglie, per terra formavano un tappeto dorato. :‐ Avanti salga in macchina, o vuole che la butti dentro di peso.‐ Nonostante il tono di voce Elena capì di averlo in pugno, gli uomini, di solito ammiravano il suo coraggio. Con la grazia di una regina, sedette a fianco del guidatore. Bella e altera, i tre uomini la guardavano affascinati. Non avevano mai visto da vicino una donna così bella e raffinata. Le loro mogli erano povere contadine come loro, ed Elena apparteneva ad un mondo che non conoscevano. La portiera si chiuse, e la grossa macchina partì in direzione montagna<<< Bognanco>>>> pensò la donna, ma dovette ricredersi quando svoltarono sul ponte di Mocogna, e proseguirono per poche centinaia di metri . Svoltarono a sinistra e seguirono una strada stretta che saliva fino alla chiesetta di Snt'Andrea. Non parlò, facendo credere di non sapere dove si trovava e guardava incuriosita fuori dal finestrino :‐ Dove siamo ?‐ domandò con finta ingenuità
:‐ Non la riguarda, siamo dentro un castello.‐ rispose ironico uno dei tre.
​Effettivamente, poche centinaia di metri dopo la chiesa , erano ancora evidenti le tracce di quel che un tempo era stato un vero castello la cui storia si era persa nel corso dei secoli. Ai piedi della collina esisteva ancora il borgo medioevale  dove si suppone vivessero i servi della gleba di proprietà del castellano. Nei secoli, forse per una ribellione, il castello era stato demolito e con le pietre, dopo varie vicissitudini, era sorta la chiesetta che svettava al limite della collina e visibile a chilometri di distanza, circondata dai castagni da cui spuntava il campanile  in stile moresco.
​Elena sapeva benissimo dove si trovava, c'era già stata centinaia di volte e aveva giocato fra quelle pietre con i suoi amichetti d'infanzia ma si comportò come se fosse un po' spaesata e il capo si sentì in dovere di tranquillizzarla :‐ Se continuerà a comportarsi bene non le accadrà nulla di male. Qui sarà trattata bene ‐
​:‐ Si, come no !. Vorrei solo sapere cosa volete da me. Se è un riscatto, avete sbagliato persona . Io non sono ricca e non credo ci sia una persona disposta a tirare fuori soldi per me. Quindi cascate male.‐
​:‐ Soldi ? e chi vuole soldi !‐ rise il capo‐ Noi vogliamo Salvatore e dovranno liberarlo se vogliono lei libera e  viva‐
​:‐ Madre de Dios !, e chi sarebbe questo Salvatore ?‐
:‐ Non sarebbe, è il nostro capo che è stato arrestato con quel traditore di Federico.‐
​Cominciava a capire. Uno dei due capobanda, oltre a Federico, era questo Salvatore che a quanto pare era il proprietario della droga nascosta fra le armi nel container. I due compari non sarebbero usciti tanto presto dalla galera, ma gli uomini, fuori, avrebbero tentato ogni strada per liberarli. :‐ Siete capitati male lo stesso ‐ insistè Elena ‐ A me non fa caso nessuno. Non conosco persone che possano aiutarvi, sono solo una turista che va in giro a fare fotografie.‐
​:‐ Balle, ieri eri a casa di Federico. Ti abbiamo vista ‐
​:‐ E con ciò. Mi ha vista, ha voluto conoscermi e abbiamo pranzato insieme a casa sua. Per il resto non so nemmeno chi sia.
:‐ Non dire bugie, e ci sono anche i carabinieri. Scommetto che ieri ti ha raccontato i fatti nostri e tu sei andata dritto filato a spifferare tutto in caserma‐ Era passato dal cerimonioso lei al volgare tu
​:‐ Sei fuori strada, amico, non so di che stai parlando. Sono andata dai carabinieri perché ho perso un documento importante e speravo che chi lo avesse trovato lo riconsegnasse in caserma . Tutto qui. Quanto a Federico .....‐
:‐ Non importa. Se vogliono rivederla viva dovranno darci Salvatore.‐
​< sì, come nò > pensò Elena, < ve lo daranno subito >. I due delinquenti erano in viaggio per le carceri di Milano dove sarebbero rimasti per un bel po' di tempo. Dick e il maresciallo capo, avevano deciso di trasferirli subito ed erano partiti immediatamente. Chissà se si erano già accorti della sua sparizione, se la stavano cercando e soprattutto se Dick era preoccupato. Tutti questi pensieri le si aggrovigliavano in testa.  I pensieri si facevano tormentosi, intanto l'avevano fatta entrare in una stanza arredata con una certa pretesa di ordine se non di eleganza. In un angolo, sotto ad una ampia finestra,  un divano in pelle rossa e due poltrone uguali disposte a formare un salottino completato da un tavolo basso di cristallo . A destra del divano, un mobile in legno di ciliegio e ripiani di vetro, conteneva tazze e piatti e bicchieri e sopra alcune bottiglie di alcolici facevano bella mostra di se. Le bottiglie erano sigillate, forse i liquori erano troppo raffinati per quei bovari. Bassa manovalanza, pensava, Elena. Credeva di essere in un guaio peggiore di quel che immaginava, cominciava a temere che gli uomini potessero ubriacarsi e usarle violenza. Uno solo non sarebbe stato un problema, ma tutti e tre.... In quel momento entrò una donna. Aveva un aspetto modesto. Vestita di nero, con in testa un fazzoletto annodato per raccogliere i capelli :‐ Buongiorno signurì,‐ salutò ‐ tenete fame ? , mo ve porto a pasta co a salsiccia.‐  Parlava un dialetto tra il calabrese e l'ossolano difficile da capire. Il calabrese è di per se  incomprensibile e l'ossolano ( un patois, misto di lombardo, vallesano, e piemontese, lo è ancor di più. Tuttavia Elena la capì benissimo ringraziò e tentò un approccio con la donna :‐ Ho davvero fame ‐  disse ‐avete cucinato voi ?‐  la donna parve stupita, forse non si aspettava una reazione gentile da parte di una prigioniera :‐ No, ha cucinato mia sorella . Lei è brava.‐
​:‐ Come ti chiami ‐ chiese gentilmente
:‐ Immacolata, e mia sorella si chiama Soccorsa‐
:‐ Come mai Soccorsa ? è un nome insolito‐
​:‐ A lu paise mio ce stanno tante soccorse. Sono guarite dalla malattia perché la Madonna le ha soccorse‐ spiegò Immacolata nel suo modo strano di parlare.
​Entrò Soccorsa con una zuppiera fumante di pasta fatta in casa condita con ragù di salsicce . Un profumo da resuscitare i morti . Immacolata fece comparire, come per magia un tavolino e apparecchiò velocemente per tre :‐ Dobbiamo mangiare assieme , ha detto mio fratello. Dobbiamo fare la guardia che non scappate.‐
​Lei rise di cuore :‐ Perché dovrei scappare, qui sto bene e se si mangia sempre così mi fermo e non vado più via.‐ Amicizia era fatta. Le tre donne pranzarono allegramente.
​Erano un po' grezze ma simpatiche ed Elena non era tipo da fare distinzioni, per lei esistevano solo due tipi di persone : quelle buone e quelle cattive . Immacolata e Soccorsa erano buone e tanto basta. Si fece raccontare un po' della loro vita e seppe così che tutti loro venivano da un paesino della costa jonica calabrese, uno dei posti più belli della costa italiana. I fratelli, di mestiere facevano i pastori perché non avevano una barca per andare per mare e loro due sorelle li avevano seguiti al nord per fare le cose che gli uomini non dovevano fare : lavare , stirare, pulire casa e far da mangiare. Cioè, le avevano portate al nord perché facessero loro da serve. Dentro di se si sentì ribollire il sangue << brutti stronzi, lazzaroni e maschilisti, incapaci perfino di trovarsi il naso se non c'era una donna a reggergli il fazzoletto. Tanti anni di lotte femministe non erano servite a nulla se c'erano ancora situazioni  del genere. Stai calma>>> disse a se stessa, se a loro va bene così lasciale stare. Ci penserai dopo.
​La stanza dove l'avevano alloggiata dava su una terrazza ampia sospesa nel vuoto ad almeno dieci metri d'altezza. Poteva uscire, tanto non c'era via di fuga e in più soffriva di vertigini . Non si sarebbe mai affacciata nemmeno alla ringhiera. Stava rasente al muro quasi appoggiandosi alla parete imbiancata a calce. Per raggiungere il bagno distante un paio di metri era una sofferenza. Le tramavano le gambe e sentiva i brividi lungo la schiena. Non diede a vedere che aveva paura, ma le due sorelle se ne accorsero subito :‐ Non deve avere paura, la terrazza è solida e non cade.‐ la tranquillizzarono. Facile a dirsi, lei aveva lo stesso la tremarella . Per fortuna tutto intorno alla casa era invaso da piante rampicanti meravigliosamente fiorite di grandi campanelle blu e rosa. Si arrampicavano sul muro fino al tetto e coprivano i due lati della terrazza lasciando libero solo la parte verso il vuoto.
Dal suo punto di osservazione poteva vedere gran parte della valle . Alla sua destra il comune di Vagna,  e giù fino all'ospedale e oltre .
​ Chissà se la stavano già cercando ? e Dick era preoccupato per lei ? Forse i ragazzi erano già in cerca di tracce, come cani da tartufo, annusavano ogni angolo e avrebbero trovato le tracce. Il libro che aveva lasciato sulla panchina di piazza Chavez doveva esserci ancora. Nessuno ruba i libri. Di questo era più che certa anche se molte volte aveva lasciato libri sulle panchine del parco a beneficio di persone anziane che gradivano sempre avere da leggere gratis. E se lo avessero preso prima che lo trovassero Dick  o i carabinieri .
​Entrò quello che era il più autoritario, il capo :‐ Mi deve dare una cosa che i carabinieri riconoscono come sua . Un fazzoletto un cosa insomma.‐
​:‐ Ma non ho niente con me. Quando mi avete portata via avevo solo un libro che è rimasto sulla panchina . Posso scrivere un messaggio  se volete .‐ Accondiscese ,
​:‐ Furba lei, così scrive dove si trova e vengono a prenderla .‐
:‐ Non so dove mi trovo, per quanto ne so questa potrebbe essere una fermata prima dell'inferno.‐
​ :‐ Bello, mi piace quel che ha detto < una fermata prima dell'inferno> . No lei scriverà come dico io altrimenti le taglierò un dito e lo manderò giù a quelli tanto per far capire che non  scherzo.‐
​:‐ No, ‐ intervenne Immacolata con foga‐ tu non tagli proprio niente. Lei scrive e basta.‐
:‐ Grazie cara, scriverò quel che volete. ‐
​Mostrandosi disponibile era certa di poter fare come voleva lei. Sul tavolo trovò una biro e un foglio a quadretti :‐ Adesso scrivi ( sono prigioniera di Calogero e per liberarmi dovete fare libero Salvatore o mi ammazzano. ) . Metti la firma e non tentare di imbrogliarmi .‐
​Lei firmò col suo nome  e vicino tracciò una ics allargata, sperava che almeno uno capisse che la ics larga così era un a croce di sant'Andrea, e l'unico Andrea dei paraggi era la chiesetta sulla sommità del colle. Calogero, probabilmente non sapeva leggere ma c'era il pericolo che uno degli uomini fuori sapesse. Non aveva scritto nemmeno una virgola di troppo e quella croce poteva passare per la sua sigla. Pregò una divinità di venire in suo soccorso. Non aveva paure ma voleva essere libera.