Fogli ingialliti

Camminava in fretta Margherita e il rumore ritmato dei suoi passi svelti sull’asfalto produceva un’eco che rimbombava nella via silenziosa a quell’ora della notte.
Lavorava come cameriera in un locale del centro città e spesso si attardava al lavoro, c’era sempre qualcosa da sistemare per il giorno seguente prima di chiudere.  Procedeva speditamente perchè a quell’ora tarda aveva un po' di paura.
Per un soffio aveva perso l’ultimo autobus che stava partendo proprio nell’istante in cui Margherita arrivava alla fermata, si era così vista costretta a tornare a casa a piedi.
Il suo alloggio, situato verso la periferia della città, consisteva in un monolocale dove aveva portato le sue poche cose.
Rincasò con il fiato corto a causa della camminata veloce, posò la borsa e appese la giacca, levò le scarpe, infilò le pantofole e tirò un sospiro di sollievo.
Posò lo sguardo indugiando per un po’ sullo scatolone che conteneva le poche, preziose cose del suo passato. Conservava lo scatolone gelosamente riposto in uno scaffale in alto, nell’unico mobile.  La tentazione che spesso la prendeva era quella di salire sulla  scaletta e di aprirlo…Ma  cercava di farlo il  meno possibile per non cadere nella nostalgia, sempre in agguato.
Ogni oggetto contenuto in quello scatolone rappresentava un ricordo e suscitava in lei molte emozioni belle o tristi, a seconda…
Margherita si era trovata sola  a Milano, a cercare un lavoro per potersi mantenere, sperando di riprendere al più presto gli studi di giurisprudenza  interrotti a causa del dissesto finanziario della sua famiglia.  Dopo aver cercato a lungo e invano un impiego migliore, decise di accettare quel lavoro da barista, dignitoso, ma che a mala pena le dava di che vivere e pagare l’affitto del monolocale dove abitava.
Accese la piastra elettrica della piccola cucina, fece cuocere una bistecca, si preparò un’insalata e si versò un bicchiere di vino bianco fresco. Dopo aver mangiato fece la doccia,  indossò il pigiama e si sdraiò sul letto lasciando vagare i pensieri, inseguendoli e poi riprendendoli,  perché di tanto in tanto si dissolvevano  o si intrecciavano fra loro.
Il suono forte e ripetuto del campanello della porta interruppe i suoi pensieri facendola sobbalzare all’improvviso. Si chiese chi mai potesse essere a quell’ora: nessuno la conosceva e nessuno sapeva di lei nello stabile; ebbe paura e decise di non aprire.  Il suono si ripeté ancora e ancora più volte, e ogni volta l’angoscia di Margherita aumentava, il cuore accelerava i battiti martellando nelle tempie, il sangue per alcuni interminabili istanti si gelava nelle vene…Il respiro si bloccava.  Ricordò all’improvviso che qualche sera prima all’uscita dal lavoro, le era parso che qualcuno la stesse seguendo e la stesse chiamando con una voce rauca…Fortunatamente era riuscita a salire sull’autobus prima di essere raggiunta…Ma poi a mente fredda,  pensò che doveva essersi trattato di un eccesso di fantasia da parte sua, di una suggestione dovuta all’ora e alla stanchezza;  aveva archiviato l’episodio e non ci aveva più pensato.
Ora, all’ennesimo suono del campanello si convinse che qualcuno l’abbia davvero seguita.
A un certo punto il suono cessò. Margherita tentò di addormentarsi ma, molto impaurita, non riuscì a prendere sonno. Durante la lunga notte non riuscendo a dormire, pensò e ripensò, immaginò chi potesse interessarsi a lei e per quali ragioni.
Al mattino seguente, sebbene ancora sconvolta, si fece coraggio ed uscì per recarsi al lavoro.
Il proprietario del bar dove prestava servizio vedendola stanca e pallida le chiese se stesse bene e  Margherita non vedendo l’ora di raccontare a qualcuno l’accaduto fu ben contenta di farlo, parlò del suono improvviso del campanello, della notte insonne e la sua tensione un po’ si alleggerì.
Il Signor Ruggero, questo era il nome del suo datore di lavoro, collegando i due episodi, la informò che nella prima mattinata un signore era entrato nel locale e mentre sorbiva un caffè, aveva chiesto di una ragazza di nome Margherita, dicendo di essere un vecchio conoscente, nato e cresciuto nella stessa città e di volerla incontrare per salutarla.
La ragazza provò a immaginare chi fosse lo sconosciuto che cercava di lei non riuscendo però a ricordare nessuno.  Questa notizia non fece altro che aumentare la sua ansia e accrescere in lei una sensazione di disagio e il presentimento che si tratti di uno sconosciuto personaggio improvvisamente emerso dal passato, e che questo non le avrebbe portato nulla di buono.
Forse c’era un collegamento fra quell’uomo e la sua famiglia: troppe erano le cose legate all’attività dei suoi genitori di cui la ragazza era all’oscuro! Non se ne era mai interessata…
Se n’era andata dal paese da pochi mesi, quando suo padre e sua madre rimasero vittime di un grave incidente stradale.   La loro morte palesò gravi dissesti finanziari dell’azienda che insieme portavano avanti: una fabbrica di prodotti chimici destinati all’industria mobiliera, navale e all’edilizia. Margherita fu costretta ad abbandonare l’università, vendere tutto ciò che poteva per saldare almeno in parte i debiti dei suoi genitori e poi andarsene via da quel luogo, la borgata in provincia di Pavia che l’aveva vista nascere e crescere e che adesso la faceva tanto soffrire.
Erano passati cinque mesi da quel terribile giorno e spesso, prepotentemente,  riaffioravano ricordi.

Trascorse qualche settimana, tempo durante il quale la ragazza riuscì a essere abbastanza serena; ogni sera però, al momento di coricarsi, la assaliva un senso d’inquietudine che la accompagnava fino a quando cedeva al sonno.
Una mattina, mentre come da routine quotidiana stava rifornendo di bibite e generi diversi il bancone del bar, la ragazza udì l’inconfondibile voce rauca che le stava chiedendo una bibita, si girò e si trovò davanti un uomo elegante, brizzolato. Poteva anche essere definito un bell’uomo a dispetto della voce sgradevole. D’istinto gli osservò le mani che, notò, erano curatissime. Portava una valigetta tipo 24 ore;  l’uomo  le chiese una spremuta d’arancia.
Improvviso un senso di nausea assalì Margherita…Quella voce ‐ si ‐ quella voce,  lei era certa di averla già udita.  Ricordò che il Signor Ruggero qualche tempo addietro l’aveva informata che un signore distinto che aveva chiesto di lei…
Gli servì la bibita con le mani tremanti mentre lo sconosciuto cliente la guardava con insistenza e dopo un po’ le chiese se per caso fosse nata a Pavia, perché le disse ‐ credo che, in tal caso, noi ci siamo già incontrati, quando lei era poco più che una ragazzina ‐.
Margherita si affrettò nel rispondergli, seppure balbettando, che no, non poteva essere, dato che il suo luogo di nascita era un altro, ma lo sconosciuto insisteva nella sua affermazione.
L’uomo andò a sedersi a un tavolino proprio al centro del locale e mentre sorseggiava la spremuta d’arancia, osservava Margherita la quale fingeva indifferenza.  Poi aprì la valigetta e ne estrasse una cartellina verde.  Lentamente, con ampi gesti ostentati, la aprì e uno per volta sfilò e dispose in bella vista sul tavolino dei fogli…
La ragazza trasalì, per un attimo si sentì mancare, le sue gambe iniziarono a tremare, barcollò. Quell’uomo stava disponendo ordinatamente sul tavolo una serie di disegni che lei riconobbe immediatamente: li aveva fatti lei stessa negli anni del liceo, quando sognava un futuro da stilista, sogno che ben presto aveva abbandono dedicandosi a studi di giurisprudenza.  Erano schizzi più o meno elaborati di abiti femminili da sera, da cerimonia, da sposa…Disegni molto belli, a matita con tinte pastello .
Margherita cercò di recuperare velocemente la sua lucidità e l’autocontrollo.  Finse indifferenza, guardò da lontano i suoi disegni e si chiese come mai quell’uomo che stava seduto davanti a lei guardandola e giocherellando con un sottobicchiere, ne fosse in possesso. Lei era certa che quella cartellina verde si trovasse nello scatolone dei ricordi che teneva nell’armadio…Forse quell’uomo era riuscito a entrare nella sua casa e aveva rovistato…
Mille pensieri la assalirono, uno più spaventoso dell’altro. Ciò che non poteva immaginare era che a causa di una cartellina come quella i suoi genitori avevano perso la vita!
Lo sconosciuto osservò attentamente a uno a uno i disegni sollevandoli e poi lentamente li inserì di nuovo nella cartellina verde  che ripose con cura nella valigetta.  Si alzò, pagò la sua consumazione e si avviò verso l’uscita mentre rivolgendosi alla ragazza disse:‐ “Buona giornata, ci rivedremo presto”.
Questo saluto suonò come una minaccia.
Nel bar in quel momento non c’era nessun altro e la ragazza in preda alla paura e alla disperazione sedette con la testa fra le mani e cominciò a piangere. Così la trovò poco dopo il proprietario del bar, di ritorno dal suo giro per commissioni.
Margherita in lacrime gli narrò l’accaduto e il Signor Ruggero la rincuorò, le suggerì di mantenere la calma dicendo che nel caso si fosse ripresentato lo sconosciuto, avrebbe provveduto lui stesso a informare i carabinieri di ciò che stava succedendo. Stasera ‐ le disse‐ ti accompagnerò a casa e salirò con te così nessuno oserà seguirti.
Con l’aiuto del signor Ruggero, la sera stessa aprì lo scatolone e con le mani tremanti, emozionatissima, frugò freneticamente, cercò al suo interno la cartellina verde…La trovò e in quell’istante il mondo le crollò addosso…Non capì più nulla, impallidì … Dopo interminabili istanti la aprì: dentro vi trovò dei fogli ingialliti sui quali erano scritte formule, equazioni, parole come “viscosità, addensante, polimeri”… In uno dei fogli, sottolineata con il colore rosso e affiancata da un disegno particolare somigliante alle cellette delle api, piccoli rombi, ai cui vertici c’erano lettere maiuscole o trattini che si dipartivano verso altre cellette. Era una formula particolare sotto la quale c’era un appunto: “importante e segreta  ‐ per il momento non si cede”. Riconobbe la calligrafia di suo padre e le venne da piangere. Quella cartellina che lei fino a quel momento aveva creduto contenesse i suoi disegni, racchiudeva invece fogli sui quali erano tracciate formule chimiche, calcoli, simboli che lei non riusciva a decifrare…Improvvisamente ricordò di averla recuperata dopo l’incidente fra rottami dell’automobile di suo padre, dentro quello che originariamente era un cassetto del cruscotto. L’aveva conservata nella convinzione vi fossero i suoi disegni…
Il signor Ruggero lesse quei numeri e guardò quei calcoli…Poi disse:‐ “Intuisco che sopra a questi fogli c’è scritto qualcosa di molto importante, di inestimabile valore e che qualcuno vuole impossessarsene per ricavarci del denaro..”‐  Margherita annuì… Era troppo stanca e agitata  per prendere qualsiasi decisione o anche semplicemente per elaborare delle ipotesi a riguardo.
Ringraziò e salutò il suo datore di lavoro il quale  se ne andò raccomandandole di telefonargli immediatamente in caso di pericolo e promettendole di venirla a prendere in auto l’indomani mattina.
Come promesso, al mattino seguente il signor Ruggero la aspettava sotto casa e la accompagnò al lavoro. Dopo averci pensato a lungo, la ragazza decise di interpellare un assiduo cliente del bar, ex professore di chimica all’università oltre che persona gentilissima e colta. L’uomo, signore distinto di circa settant’ anni, pensionato, aveva i capelli bianchi e la barba, a guardarlo ricordava il grande musicista Giuseppe Verdi. Il professore fu molto cortese, volentieri spiegò alla ragazza il significato delle strane scritte tracciate su quei fogli. La rese anche consapevole del fatto che si trattava di una scoperta interessantissima che, se messa in circolo, avrebbe rivoluzionato il settore delle vernici industriali. Seguendo lo schema delle molecole disegnate sul foglio, si sarebbe potuto ottenere un nuovo prodotto base: una vernice acquosa con un ottimo grado di viscosità, essa avrebbe certamente rivoluzionato la produzione delle vernici e sostituito quelle ora utilizzate contenenti piombo, mercurio e altri elementi tossici. Inoltre, trattandosi di una vernice a unico componente, non ci sarebbe stato bisogno del liquido catalizzatore necessario all’essicazione e alla resistenza di ogni vernice.  Un altro elemento che contribuiva a rendere ancora più interessante la formula era che se ne poteva ricavare molte varianti: si desumeva dalle frecce collegate ai vertici a quella principale, dove, cambiando qua e là gli elementi, si sarebbe potuto agire sul colore, sull’ opacità, lucidità,  elasticità, trasparenza…a seconda dei diversi usi e materiali da trattare.
Una vernice di questo genere di certo avrebbe suscitato grande interesse presso i mobilifici e nell’edilizia… Oltre a fruttare un sacco di soldi a chi ne possedeva le formule.
Per prima cosa il professore consigliò a Margherita di fotocopiare i fogli e custodirli con cura, nascosti, e poi di depositare gli originali presso un notaio.  Le disse anche che sarebbe stato il caso di informare la polizia, perché si avvii un’indagine allo scopo di identificare lo sconosciuto che di certo conosceva il valore di quei pochi fogli ingialliti.
La ragazza seguì questi consigli e ottenne che un poliziotto, finto cameriere e fidanzato, la accompagnasse spesso e lavorasse con lei dietro al bancone del bar.
Di tanto in tanto l’uomo sconosciuto dalla voce rauca si presentava nel locale e con noncuranza estraeva i disegni dalla cartellina verde, li allineava sul tavolino, li osservava, scambiava qualche opinione con i clienti, cercava di avvicinare Margherita invitandola persino a cena… Il poliziotto osservava attentamente ogni mossa. Nel frattempo furono avviate le indagini.
In breve lo sconosciuto fu identificato: si trattava di un certo Simone  Malpezzi già noto alle forze dell’ordine, processato per reati vari fra i quali lo spionaggio industriale e fidanzato dell’allora segretaria del padre di Margherita, Silvana Righi.
Silvana Righi era stata licenziata circa un anno prima, quando il padre di Margherita, essendo prossimo al fallimento dell’azienda di cui era proprietario, fu costretto a farlo.  La donna, conosceva il valore delle formule della vernice e prima di andarsene arraffò tutto il possibile compresa la cartellina verde che credeva le contenesse.  
In seguito i genitori di Margherita si misero in viaggio verso Roma, alla ricerca di aziende interessate al prodotto.  Avevano investito molto denaro  per la messa a punto delle formule e, quando inaspettatamente fu ottenuto quel risultato così importante, decisero di trarne profitto per rilanciare l’azienda e risollevarne le sorti.  Perciò presero la cartellina verde e la sistemarono con cura nell’automobile.
Sfortunatamente successe l’incidente, dove ambedue persero la vita. 



Silvana Righi si era da poco alzata e stava guardando il cielo attraverso la finestra della sua cucina mentre beveva un succo d’arancia pregustando la serata che avrebbe trascorso con il suo fidanzato; il vetro della finestra le restituiva la sua immagine un po’ sciatta, con i capelli in disordine.
Pensò che durante la giornata avrebbe fatto un salto dal parrucchiere: all’arrivo di Simone voleva essere bella. Doveva pazientare ancora qualche giorno e poi la sua vita sarebbe cambiata.
Lei e Simone avevano acquistato due biglietti aerei di sola andata per il Brasile, dove pensavano, sarebbero stati finalmente al sicuro e felici.
Silvana e Simone si erano incontrati durante una trattativa per la vendita di alcuni prodotti da parte dell’azienda per la quale lei lavorava e da subito li aveva accomunati il fiuto per gli affari.
Fra loro nacque un’intesa forte e poi l’amore poco prima del licenziamento di Silvana. Insieme avevano escogitato un piano per trafugare le formule e impossessarsene.
I pensieri di Silvana furono interrotti dal suono del campanello che la fece trasalire. Quando aprì la porta vide davanti a sé due poliziotti che le mostrarono senza parlare un mandato di perquisizione. Senza potersi opporre Silvana assisté come paralizzata a quella violenta intromissione nella sua vita e quel frugare ansioso fra le sue cose. I poliziotti trovarono e sequestrarono parecchi documenti, fotografie, fatture e ricevute bancarie di prelievi di denaro effettuati dal conto dell’azienda dove Silvana  aveva lavorato fino ad un anno prima.
Uno dei due agenti invitò la donna a vestirsi e a seguirli al commissariato.
Silvana si sentì male, si accasciò sul divano; capì di essere stata scoperta e immaginò che anche a Simone sarebbe toccata la stessa sorte, ma, data la situazione non poteva avvertirlo.
I poliziotti accompagnarono Silvana Righi al commissariato e la sottoposero a lunghi ed estenuanti interrogatori ai quali seguì l’arresto.
Le indagini proseguivano rapidamente e ora stava emergendo un nuovo inquietante particolare: il piantone dello sterzo dell’automobile a bordo della quale viaggiavano i genitori di Margherita, una Mercedes, era stato  manomesso e per questo motivo, al momento di effettuare una curva si era bloccato causando l’incidente,  facendo perdere il controllo della macchina che precipitò da uno dei viadotti situati nel tratto appenninico. 
Nella mente di Margherita ora si andava nitidamente componendo il mosaico.
In breve tempo i sospetti divennero certezze e la ragazza apprese dal suo amico poliziotto dell’arresto di Simone Malpezzi, accusato di duplice omicidio: fu lui a intervenire sullo sterzo dell’automobile.  La segretaria Silvana Righi fu arrestata per furto, appropriazione indebita, favoreggiamento e complicità nell’omicidio.
Seguì il processo con la condanna dei due imputati.
Per Margherita questo evento segnò l’inizio di un nuovo e più sereno capitolo della sua vita; le formule per la produzione della vernice a base acquosa furono vendute con buoni profitti e in breve tempo s’iniziò la produzione e la vendita con grande successo.
La ragazza acquistò una casa in periferia, cominciò un nuovo lavoro presso uno studio legale.
Non dimenticò mai i suoi amici più cari, quelli che le erano stati vicini e l’avevano aiutata in quei mesi tormentati. L’amicizia con il giovane poliziotto divenne a poco, a poco un grande amore: contavano di sposarsi al più presto e di avere almeno due bambini.
Di tanto in tanto alla sera Margherita riapriva lo scatolone dei ricordi e dai suoi occhi scendeva una lacrima di nostalgia: vi ritrovava la sua infanzia e il sorriso dei suoi genitori.
Allora sollevava lo sguardo verso il cielo e li salutava…Era certa la stessero guardando e ricambiassero il suo saluto.