Follia

S. ha sempre saputo di essere bravo in quello che faceva.
Lo faceva bene, con passione, con così tanta passione che dopo un po' non ebbe più tempo per altro. Se ne accorse, non con una epifania improvvisa e sorprendente, ma poco a poco, lentamente, una idea cominciò a diffondersi nella sua testa come un virus.
Più quell'idea si faceva strada tra gli altri pensieri votati alla sua passione più aveva l'impressione di perdere il controllo. Erano così tanti anni che coccolava ed alimentava la sua passione che sapeva gestirla, sapeva dove avrebbe trovato gratificazione, quando e come impedire che prendesse il sopravvento. Almeno così era convinto.
In realtà la sua passione era ormai diventata la sua ossessione, era lei che decideva per lui, che decideva quando renderlo cieco, quando e cosa fargli sentire, come usare quel burattino per il prorpio piacere.

Quando il virus e la passione cominciarono a bisticciare nella sua testa le cose cominciarono ad andare male. Da principio cercò di tenere a bada entrambi, ma capì presto di non avere alcuna arma, controllo, possibità. Lo capì per un breve istante, quando si ritrovò chiuso in casa con la testa talmente occupata a vorticare tra le due cosequalsiasi distrazione preclusa perché l'attenzione era solo per quei due litigiosi esseri.

Nella sua testa battaglie si susseguivano, in un paesaggio di memorie, tra pensieri e costruzioni di carattere, il virus che attaccava mendando fendenti e chiedendo indietro tutto il tempo che la passione aveva rubato, la passione difendendo la propria posizione e scagliando affondi per riavere quello che il virus aveva piano piano sottratto per tornare ad avere la supremazia su quella marionetta.
Ma anche i pensieri si stancano, pur senza demordere, fino a che i fendenti e gli affondi non colpivano più l''una l'altra, ma finivano per distruggere quello che avevano a portata, quello che avevano intorno. Andarono avanti così, a lungo, finchè non si accorsero che avevano ditrutto tutto, che non era rimasto nulla su cui ergersi vincitori.
Quando capirono non poterono fare altro che accasciarsi sul niente che rimaneva ed abbandonarsi alla stanchezza.

Lo trovò un martedì mattino la domestica.
Senza alcun pensiero finalmente.