I limoni

Caro,
ti scrivo questa lettera perché ho dimenticato di comprare i limoni.
Lo so, ho sbagliato e mi sento in colpa. Sono una donna distratta, sbadata, inadeguata. So bene quanto ti piace condire le sogliole lesse con olio e limone e un ciuffo di prezzemolo.  È il tuo piatto preferito. È il piatto con cui ti ho conquistato.

Quella volta a cena a casa mia, ti preparai gli spaghetti con le vongole. Un po’ rosati, con qualche pomodorino. Non ti piacquero. Li avresti preferiti in bianco mi dicesti. Ne fui molto delusa. Avevo paura di non compiacerti. Neanche il vino apprezzasti, era un Fiano d’Avellino, ma non abbastanza freddo. Mi rimproverasti, non poco. Fosti molto duro, avevo  le lacrime agli occhi. Poi, quando ormai mi sentivo sconfitta e credevo che non ti saresti mai avvicinato a me, ti servii le sogliole lesse, condite con olio e limone. Era un piatto semplice, ma tu ne fosti entusiasta. Mi dicesti che una donna che cucina un piatto così, bisognava sposarla. Ed infatti ci sposammo.

Abbiamo passato anni sereni, non felici, ma sereni. Una vita tranquilla. Tu a lavorare io a badare alla casa e a cucinare  per te. Poi tre anni fa, per la prima volta, dimenticai di comprare i limoni. E allora ci fu la prima scenata. Quante me ne dicesti. Restammo dieci giorni senza parlarci. Poi lentamente la nostra vita tornò come prima, fino a quando non avvenne di nuovo. Dimenticai di comprare i limoni. Non voglio nemmeno ricordare quello che accadde. Una tragedia. Furono insulti duri, che non ti avevo mai sentito pronunciare, nemmeno sull’autostrada in coda a ferragosto. Da allora nulla è stato più come prima. Perché altre volte ancora, sempre più spesso, ho dimenticato di comprare i limoni.

Eppure questa mattina, come ogni venerdì, sono arrivata a piedi, fino al mercatino di Antignano, da Gigino, il mio pescivendolo di fiducia, ex pescatore di Pozzuoli. Lui ha le sogliole più buone di tutta la città, ancora vive le vende. E poi, con me è particolarmente gentile. Ho speso pure quindici euro: due sogliole. Forse non potremmo nemmeno permettercele. Ma so che le ami. Che aspetti il venerdì tutta la settimana, e questo è per te il giorno più bello. E ti assicuro che, dopo aver comprato  la frutta, ho chiesto un bel mazzetto di prezzemolo, fresco, verde, profumato e ti giuro che mentre lo tenevo tra le mani pensavo a te.  Eppure, non so perché, ho dimenticato di comprare i limoni.
So quanto la cosa ti faccia arrabbiare, anzi andare in bestia. Diventi una furia, diventi violento e ti scagli contro di me.
Già immagino la tragica scena, che si ripete da tre anni troppe volte. Entri in casa con forza,  chiudi con violenza  la porta d’ingresso ( trascurando che la nostra vicina di casa, la signora Salvati, ha novant’anni e il cuore debole ed ogni volta che sbatti la porta le viene un colpo) ti dirigi lento verso la cucina, annusando l’aria, senza neanche togliere il soprabito e il cappello, senza posare la borsa, con le chiavi di casa ancora in mano. È l’odore delle sogliole a guidarti. E poi finalmente in cucina, con il viso allegro, alzi il coprivivande e senza nemmeno salutarmi, ti fermi col braccio a mezz’aria e con le labbra strette e lo sguardo cattivo, mi guardi deluso ed arrabbiato e mi urli: ancora una volta hai dimenticato di comprare i limoni. Quello è per me il momento più difficile: sento che mi manca l’aria, sento il pavimento sprofondare, le mani tremare e quasi la vista mi si annebbia. Perché mi aspetta la tua scenata. Di solito sbatti i pugni contro il muro, senza pensare che quel muro confina con la signora Salvati, di novant’anni, debole di cuore e che prima o poi ci resta, sotto i tuoi colpi. Poi togli furioso soprabito e cappello e li lasci cadere a terra e infine lanci la borsa contro il televisore. Minacci schiaffi e botte; mi appelli con epiteti irripetibili e come sempre, infine, mi ordini la cosa per me più umiliante: andare a chiedere alla nostra vicina novantenne, in prestito, un limone. Non c’è niente che mi fa soffrire di più, che chiedere alla maledetta signora Salvati in prestito un limone. Lei è una donna saccente, dispettosa e pettegola e poi va a raccontare al tutto il condominio delle tue scenate. Inoltre mi odia, perché la mattina, quando sbrigo le faccende di casa, metto sempre la radio ad alto volume, sintonizzata su  Italiacentosei  dove trasmettono le canzoni di Jovanotti e lei lo odia e vorrebbe ascoltare Mario Merola, oppure i neo‐melodici. E allora lei sbatte con la scopa contro la parete, per farmi abbassare il volume o cambiare trasmittente e sintonizzarmi su radio Forza Azzurri. Ma io faccio finta di niente e continuo ad ascoltare Jovanotti e allora lei suona il campanello della porta, ma io la ignoro e mi metto a cantare: “A te che sei, semplicemente sei”. Allora sento che lei urla sul pianerottolo: “Scetateve guagliune e’ malavita”e poi si ritira sconfitta  sbattendo la porta.
Quando tu mi costringi a suonare alla porta della signora Salvati, la cosa che più mi umilia è che la perfida vicina apre subito la porta con un limone in mano, perché già sa che dopo i pugni contro il suo muro, io andrò  da lei, a capo chino, col viso disfatto e rigato di lacrime per chiederle il solito limone. Trionfante me lo darà, col solito sorriso beffardo e aggiungerà: “Questo è l’ultimo, lo avevo messo da parte per lei, si figuri che ho rinunciato a condirci i broccoli. Ma non voglio rovinare la pace familiare” e poi conclude con la solita frase: “Gli uomini si prendono per la gola se lo ricordi”.
Ma oggi tutto ciò non accadrà, perché non mi troverai. Ti lascio le sogliole lesse e pulite; ti lascio la bottiglia d’olio a portata di mano sul tavolo; ti lascio il prezzemolo lavato e già tritato. Insomma ti lascio.
A proposito, se vuoi il limone, chiedi a quell’arpia della signora Salvati. Però fai attenzione a non dare troppi pugni contro il muro, perché lei è debole di cuore, potrebbe venirle un colpo. Come faresti poi?
Me ne vado, perchè una donna che dimentica troppo spesso di comprare i limoni, molto probabilmente, non ama più.