Il mondo di Fievole

Fievole con calma raccontava la sua storia.
Dolce come un filo d’acqua scorreva la sua memoria in attimi sfuggenti e catartici.
Si potevano vedere i suoi occhi nuotare in questo scorrere, mentre le sue labbra, che viaggiavano fra attimi di piacere e paura, vibravano sospiri di parole,
come lame squarciavano il silenzio di quel mondo.

Il mondo di Fievole, era un mondo di dubbi, di spaventi e di sogni infranti.
I sospiri di Fievole raccontavano la sofferenza del suo mondo, lacrime che sarebbero dovute essere versate, dolori a volte arrecati ma sempre avuti, rabbia e sfoghi contro quello schifoso tutto che gli sembrava d’aver contro.

Così i sospiri di Fievole, si tramutarono sempre di più in grida, urla di smarrimento e pennellate d’isterie nella nera tela della notte, dipingendo il riflesso della sua disperazione.

Non sapeva perché stesse urlando, non sapeva per quale malattia, per quale febbre maligna penava, non sapeva nemmeno se fosse malattia e si chiedeva se stesse facendo bene ad urlare.
Magari c’era qualcuno che stava peggio di lui, magari non aveva il diritto di dir che stava male, magari stava bene e non se  ne accorgeva, magari il dolore era solo un’impressione, magari non meritava nemmeno di vivere, magari non sapeva che significasse vivere, magari avrebbe voluto non sentirsi così solo, magari avrebbe voluto sapere dove andare, magari non avrebbe voluto avere tutti quei dubbi.

Così le urla di Fievole continuarono a cambiare, a tramutarsi e mutare sino a divenir lamenti di pianti, sin al punto in cui si udì solo il gocciolio delle sue lacrime.
Divenne così quello, il racconto del suo mondo.
Senza risposte, senza domande.

Gabriele Genna