L'età delle favole.

L’età delle favole.

Nata il giorno di S. Bruno, il 6 di ottobre a lei, terzogenita di  dieci anni più piccola della prima sorella, misero nome Bruna Valeria. Come per magia mamma Michela si ritrovò giovanissima, per correre dietro a quella piccina che aveva appunto bisogno di una giovanissima mamma. E fu un incanto: crescerla, vederla vivere, balbettare, ciangottare, sorridere, conquistare lo spazio intorno a se, non dormire, piangere (raramente). Un regalo della natura quella ultimogenita venuta dal nulla, o, per dir meglio, nata da ore d’amore. Bruna le regalò giorni di sole e scoperte e lei le insegnò il gioco e il canto come agli altri due amatissimi figli. Passeggiò con lei, cantò con lei, giocò con lei, divenne piccina con lei, divenne anche fantasiosa e credula. Tornò in casa Babbo Natale, rientrò dai tetti la Befana. Papà scrisse e lesse con la sua bambina letterine a entrambi. Papà scrisse e lesse con lei le loro impossibili risposte. Poi Bruna crebbe un po' di più e assieme a lei cominciò a crescere la capacità di distinguere il vero dal falso, il certo dall’incerto e, purtroppo, ineluttabilmente, il sogno dalla realtà la favola dalla vita quotidiana. Ma Bruna, che intanto scriveva poesie, disegnava, amava la musica, cantava e andava a cavallo, pur se puntigliosamente metteva alla prova ogni loro capacità di nascondimento dei doni acquistati e preparati per il 24 dicembre per “Babbo Natale” e il 5 gennaio per l’Epifania, in fondo in fondo anche razionalmente non credendo era ostinatamente desiderosa di credere. Cercava per tutta la casa i giocattoli nascosti, ma in realtà non desiderava trovarli. Inseguiva i genitori senza perderli di vista un momento per tema che le sfuggissero e comprassero i dolci per la calza della Befana, ma voleva sentirsi dire che la cara vecchina esisteva davvero. E gioiva nel trovare quei doni, lasciava bigliettini con strane richieste ed elenchi di domande sempre più complesse alla povera Befana, pretendendo foto segnaletiche e impronte di mani. A Babbo Natale chiedeva ciocche di capelli bianchi, giocattoli sempre più misteriosi di cui gelosamente nascondeva agli adulti la tipologia, pretendendo che il povero “Babbo” le leggesse nel pensiero o che l’ascoltasse la Befana mentre, chiusa in una stanza, li elencava a bassa voce o scriveva lettere che si affrettava a imbucare ella stessa dopo aver chiesto l’indirizzo ai genitori: “Via degli Abeti Bianchi”... e il numero civico nessuno lo ricordava più. Ogni anno il lavoro di mamma e papà, esecutori degli gnomi e dei folletti, diveniva più complesso e faticoso; trovavano tuttavia il modo di capire a quale giocattolo fosse indirizzato il desidero della bimba e lo compravano compiendo salti mortali e missioni alla 007. Tutto perché quella piccola che ingenua non era, in realtà chiedeva con i suoi occhi dolci e un po' melanconici, che la si imbrogliasse per bene, per permetterle di credere ancora.
Quando compì dieci anni tuttavia si profilò all’orizzonte “l’ultima Epifania”. Mai come era accaduto in passato i genitori si videro inseguiti, controllati nelle tasche e nei pacchetti con cui tornavano a casa quelle rare volte che era loro concesso di restare soli. Bruna insomma sembrò intestardirsi a non volere essere più presa in giro. Esasperò il padre, perseguitò la mamma con le domande, chiese insomma pretendendo la verità, tutto ciò che si potesse sapere sulla Befana:‐” Dove vive? E’ brutta? E’ vecchia? E’ sposata? Chi è? Dove compra i regali? Chi le da i soldi? Esiste davvero?”‐ La mamma, più positivista, trovava anomalo mentirle ancora, e allora provava a farla ragionare:‐” Pensa un po', Bruna, questo Babbo Natale che vede tanti bimbi affamati e non fa nulla... Pensa un po' anche alla Befana, possibile che si interessi dei tuoi regali, sapendo che hai mamma e papà che ti amano, e non doni nulla a tanti bimbi senza casa, che vivono magari una vita di stenti in mezzo alle guerre?”‐ Lei non la lasciava neanche terminare:‐ ”Non esistono! Non esistono, è proprio davvero impossibile!” Per poi aggiungere subito:‐” Mamma! Dimmi una bugia: esistono?”‐ Al che la mamma le diceva la bugia:‐ ”ma si, esistono...”‐ E lei ricominciava:‐ ” A scuola gli amici mi prendono in giro! Dicono che sono scema! Mamma, dimmi la verità, esistono?”_‐ No, non esistono!”‐ Diceva la mamma. E lei si allontanava intristita:‐ ”Non esistono!”. Sussurrava tra se, per poi ricominciare a credere sperando di sentirsi dire il contrario. Un bel problema insomma. Quell’anno comunque non fu possibile nasconderle l’acquisto dei dolciumi per la calza: li scoprì nelle buste, benchè fossero stati ben nascosti, come fosse una detective. Li vide e pianse:‐ ”Non esiste la Befana...Perché non me lo avete detto prima?”‐ I genitori persero lo smalto e la pazienza:‐” Basta! Non ce la facciamo più! Vuoi credere che non esista? Va bene: non esiste!”‐ Erano a corto di argomenti, stressati, pressati, inseguiti e anche indecisi sulla positività di quella favola che doveva pur un giorno trovare un termine. la bimba, malinconica, quel 5 di gennaio si coricò digiuna, ma prima sospirò tra se:‐” Allora i vestitini di Barbie non arriveranno affatto!”. E la mamma  comprese quale fosse il desiderio nascosto fino a quel momento dalla bambina. Così decise velocemente di correre a comprarli, permettendo alla figlioletta quell’ultima santa Befana. Uscì come una ladra malgrado l’ora tarda e fortunatamente li trovò. Ritornò su nascondendoli sotto il cappotto agli occhi di Bruna che già era saltata dal letto al rumore dell’uscio che si apriva. Li celò poi fuori la finestra del bagno...per prenderli più tardi. Stava quasi per tirare un sospiro di sollievo la povera mamma, ma all’improvviso la bambina, poco prima di crollare addormentata esclamò:‐ ”Oltre ai vestitini c’è un’altra prova che ho chiesto alla Befana e crederò in lei soltanto se domattina la troverò nella calza!”‐ A questo punto mamma e papà si guardarono in volto senza più parole: cosa avrebbe mai potuto essere quella ultima cosa? Un altro giocattolo? Una foto? Una lettera? Il problema era irrisolvibile e senza dirselo, entrambi giunsero alla conclusione che per la loro piccina fosse proprio giunto il momento di farla finita con le favole. Bruna era davvero oramai una signorinella e doveva abbandonare per sempre il mondo magico e favoloso dell’infanzia per affrontare la realtà in tutte le sue sfaccettature. Verso le due del mattino mamma Michela silenziosamente aggiunse comunque alla calza coi dolciumi, che Bruna stessa aveva preparato con occhi tristi, i vestitini di Barbie e andò a dormire. L’indomani, come a ogni Epifania vennero però destati dalle grida di gioia della bambina:‐” Mamma! Papà! E’ venuta davvero questa notte la Befana! Mi ha portato anche la prova che le avevo chiesto!”‐ Avevano sonno i genitori di Bruna, mentre il fratello e la sorella più grande dormivano il sonno degli adulti che non attendono più calze magiche. Tuttavia Michela si alzò, trascinando un po' le pantofole rosse, per vedere con i propri occhi cosa avesse trovato la piccina sotto l’albero, quale fosse insomma la famosa “prova” richiesta questa volta alla Befana. Trovò la figlioletta come frastornata, intenta a stringere tra le manine affusolate e lunghe un qualcosa che a una prima occhiata le parve fieno. Poi osservò meglio e si rese conto che si trattava di rami secchi. Ma no! era saggina. Un pugno di saggina, di quella usata un tempo nelle campagne per fabbricare le scope. E intanto Bruna le diceva:‐” Guarda, mamma! Le avevo chiesto di lasciare per me un po' della scopa che usa per volare!”‐ Si avvicinò la mamma per toccare quel materiale dall’aspetto usato e vecchio e constatò che sembrava proprio tirato via dalla scopa della Befana. Chi mai avrebbe
potuto indovinare ed esaudire quell’ennesimo buffo desiderio di ragazzina fantasiosa? Tornò allora nel letto matrimoniale la mamma, per interrogare con frasi brevi il papà che sembrava disinteressato ai loro dialoghi e ancora addormentato. Lo scosse un po', ripetendogli nelle orecchie le domande, ma lui appena accennò a un movimento in quella meritata giornata festiva. ‐”Sei stato tu?, Dimmi, sei stato tu a trovare la saggina della scopa e metterla sotto l’albero? Quando? Come?” ‐ ”Che cosa ho messo sotto l’albero?”‐ Chiese alla fine lui ancora intontito dal sonno interrotto.‐ ”Dai! Svegliati! Hai messo tu il pezzo di scopa...?”‐ “Quale scopa?”‐ “Insomma! Non tentare di imbrogliare anche me! Come hai fatto a capire quale prova aveva chiesto Bruna alla Befana?”‐ Il papà dopo uno sbadiglio che gli riempì la faccia, finalmente parve svegliarsi. Fissò i suoi occhi piuttosto annebbiati in quelli intensi della moglie e sorrise: come sembrava giovane sua moglie a quasi 45 anni, mamma di una terzogenita tanto impertinente! Sorrise dunque, poi tornò ad abbracciare il cuscino girandole le spalle e brontolò:‐” Non so nulla di scope, di fascine, di saggine e di richieste! Nulla! Lasciami dormire, per favore... naturalmente l’avrà lasciata cadere davvero la Befana quel suo benedetto pezzo di scopa vecchia!”‐ E detto questo si riaddormentò.