La Trilogia, cap 2: Gli Occhi Nel Buio

Non ho mai avuto paura delle persone oltre le solite cose ovviamente, le mie paure riguardano piuttosto cose che non posso controllare, che non posso conoscere o prevedere e le persone sono così stupidamente prevedibili. E’ naturale avere paura che una persona possa farci del male, un rapinatore, un amico che ti tradisce o una fidanzata, ma non è quella il tipo di paura che mi fa sbarrare gli occhi, quella riguarda il cuore, riguarda il non riuscire a dormire perché qualcosa ti turba. La paura che intendo io quando parlo di occhi sbarrati nel buio è quella che provano i bambini quando sentono uno scricchiolio provenire dall’armadio. Ecco, quella è la paura che più di tutte mi fotte. L’horror.
Ricordate la serie con gli zombi? The walking dead, il morto che cammina. Tutti sappiamo che per ammazzare un non morto devi fracassargli il cranio e fino a qui è semplice. Il problema si presenta quando sai che questi non morti non esistono, come fai a combatterli? Quale testa vuoi colpire? Non puoi sconfiggere qualcosa che non c’è, che non puoi conoscere e prevedere. Allora notti insonni, occhi aperti a scrutare quell’ombra che ti è sembrato muoversi nel buio, quel maledetto accappatoio appeso che guardi e non capisci.
Ma facciamo un passo indietro, torniamo agli zombi.
Stavo lavorando come light designer al musical Thriller di Michael Jackson in un teatro all’aperto, la platea era un prato contornato da siepi, oltre le quali alberi e casette in lontananza. Essendo tutto all’aperto le luci per lo spettacolo potevo programmarle solo di notte, era necessario lavorarci al buio. La scenografia chiaramente riprendeva un cimitero, con lapidi, sarcofagi di compensato e suppellettili vari, ben dipinti e decorati, parte era sul palcoscenico e parte disseminata sul prato che circondava le panche per il pubblico. Avevo scelto delle tonalità cariche di verde per fare gli sfondi, blu per i contro luce e rosse per gli interni delle bare che all’apertura emanavano un fascio di luce dalla quale veniva su il ballerino truccato da non morto.
Come per tutti gli altri spettacoli la sera prima della prova generale ero da solo in teatro a finire di realizzare il disegno luci, posizionare proiettori e gelatine, puntare luci e memorizzare scene. Pian piano questo cimitero cominciava ad avere un aspetto sempre più realistico. Avevo posizionato delle macchine per la nebbia da pavimento a base d'acqua, mi pare fossero delle Antari, di quelle che fanno un fumo denso e basso che si espande ed avvolge ogni cosa. Si erano fatte quasi le quattro, era notte piena, il fumo che scendeva dal palcoscenico come una cascata prendeva possesso del prato, la nebbiolina estiva oltre le siepi si alzava e non lasciava intravedere le luci sui terrazzini delle casette, complice il fatto che in quel periodo stavo guardando the walking dead, uno scricchiolio mi fece gelare il sangue. Mollai tutto quello che stavo facendo, scesi i tre gradini della cabina regia posizionata in fondo alla platea e uscii nel prato, un altro scricchiolino, il cuore mi balzò in gola, mi girai lentamente, e li, poco lontano da me, forse otto o dieci metri, appoggiata al vecchio salice piangente, illuminata da una sciaa biancastra che sforava dalle bandiere dei fari a led, la mia frankenstein, la vecchia graziella rimessa in sesto con pezzi di mille altre bici. Senza battere ciglio e trattenendo il respiro corsi verso di lei, ci montai sopra e pedalai fino a casa senza mai voltarmi. Mi tolsi le scarpe e mi fiondai sotto le lenzuola con tutti i vestiti.
Alle sei e mezza del mattino mi squilla il telefono, era uno dei responsabili della struttura che bestemmiava come un ramarro verde della Papuasia. Non avevo lasciato solo tutte le luci in teatro accese, avevo lasciato attivate, con il cursore appena al 10%, le macchine del fumo, lentamente la coltre aveva cominciato ad allargarsi, si spandeva per il raggio un km, il fumo avvolgeva le casette ed arrivava fino al mare. Avevo trasformato il vecchio paesino di pescatori in Milano, ma con il mare, la prima cosa a cui pensai nel vedere quello spettacolo fu il riff di Smoke On The Water. Frank Zappa sarebbe stato fiero di me!