Peccati di famiglia

Confessione. Erotico/Esplicito. Per adulti!
Per la posta di Giovanna ho ricevuto una delle più eccitanti confessioni da un signore maturo che ha voluto svelarci un segreto della sua adolescenza, nell'intimità di un vecchio, sano e pacifico nucleo familiare... Una situazione inattesa, non voluta ma accaduta, tanti anni fa. Buona lettura.

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Quello che oggi mi decido a raccontare, grazie a questo sito che ho imparato ad amare, è storia antica che a tratti avrei sempre voluto rimuovere dalla mia mante ma che invece devo dire che mi ha segnato la vita. E’ un ricordo indimenticabile e potente che non si potrà mai cancellare dai miei sogni più protetti e inconfessabili.

Ecco la storia, gentile Giovanna, che puoi pubblicare quando desideri.

Quando ero solo un solo un adolescente vivevo in famiglia, una famiglia come tante, con mia madre, mia sorella e il mio papò, che a causa del suo lavoro non tornava che all’una, ogni notte.
Mia mamma era una bella donna, non troppo alta ma con tutte le curve al posto giusto. Aveva un bel seno prosperoso senza essere però appariscente, delle belle labbra e occhi spiritosi e poi aveva un culo fantastico, dalle natiche formose e sode, cosa che lei celava nei comodi camici da casa. Quelli che si portavano anni fa, con i bottoni davanti, corti al ginocchi… quei camici che invece di rendere le massaie dell’epoca meno appetitose le rendevano arrapanti a dismisura, dato che mostravano sempre un po’ troppa coscia oppure troppo seno.

All’epoca ero bramoso di sesso come tutti gli adolescenti e assai curioso del femminile pur avendo ben poche opportunità di conoscere. A scuola eravamo praticamente tutti maschietti e a casa raramente venivano le mie cugine che erano o troppo piccole o troppo più grandi.
C’era sempre mia sorella, comunque, che aveva solo un anno più di me e che, ovviamente, aveva un corpo ormai abbastanza formato. Con lei c’era molta confidenza fisica, non si creava problemi quando, falsamente per caso, me ne stavo nella sua camera. Lei si spogliava senza dare segni di impaccio davanti a me, così potevo vedere le sue tette nude e persino, fugacemente, il pelo scuro della fessolina quando si levava le mutandine e poi si metteva il pigiamone.
Anche se fingevo di non fissarla quelle immagini le portavo con me nel gabinetto per segarmi all’impazzata fino allo sfinimento.
La sera, come si suol dire dopo “Carosello” l’abitudine era metterci sul divano, il più spaparanzati e comodi possibile per guardare la TV. Mia sorella e mia mamma, in genere si addormentavano quasi subito mentre io, probabilmente per il mio vizio e la mia curiosità nei confronti del sesso, non riuscivo proprio a dormire, anzi…
Mia sorella sonnecchiava solo per un po’ ma poi filava a lavarsi e poi crollava nel suo lettino, mammina invece era spesso talmente stanca, la sera, che crollava in un sonno pesante. Questo anche perché d’abitudine, aspettava comunque che tornasse mio padre per fargli un po’ di compagnia e poi andare a coricarsi con lui.
Comunque approfittando della situazione, intendo della vista della mia mamma accoccolata più o meno comodamente sul divano, io avevo preso a cercare le posizioni più favorevoli a mantenere un contatto fisico con la mamma, principalmente con le cosce, coi seni e col culone.
La sua vista era troppo appetitosa, soprattutto nel periodo estivo, con i camici leggeri che salivano sulle cosce fasciate dalle calze arrapanti, i bottoni sul davanti che si aprivano, spesso mostrando perfino parte del capezzolo, visto che per stare più libera, mamma si levava il reggipetto. Io la spiavo, la odoravo e mi strusciavo per quanto possibile contro le sue carni facendo del mio meglio per non farmi scoprire, col cuore in gola per l’eccitazione. Quando mi sentivo di non potermi trattenere più correvo via per masturbarmi a più non posso.

Il detto che dice che a farsi le seghe si perde la vista sarà falso, altrimenti già prima della maggiore età io avrei dovuto essere cecato.
E fu una di quelle sere di palpitazioni che accadde l’episodio che non dimenticherò mai.
Lei sembrava profondamente addormentata, lo dimostrava anche un lieve russare, ed io ero tanto arrapato da avere il sangue alla testa. Fingendo di dormicchiare a mia volta premevo vero il suo corpo, mi strusciavo fingendo un sonno inquieto e agitandomi, alla fine, feci in modo che il camicione si aprisse e ne fuoriuscisse una della sue tettone.
Sempre fingendo di stiracchiarmi per un sonno agitato mi strusciai verso di lei fino a trovarmi con la guancia sulla tetta e la bocca a distanza di un bacio dal capezzolo bruno e, ancora non lo capivo bene, puntuto per l’eccitazione. Ma neanche mi bastava: visto che la mamma dormiva ancora e aveva le gambe socchiuse, ficcai la mano tra le cosce e lentamente salii su, su fino alla mutandina, dietro cui c’era certo la fessa che emanava un calore inaspettato.
E a quel punto sprofondai nel terrore perché lei aprì gli occhi come una furia, si alzò e, preso me per un braccio mi trascinò quasi dei peso in camera.
«Ma cosa fai, sei uscito pazzo?» disse «Tutte le sere questa storia? Che ti credi che non mi sono accorta di quello che fai? Sei uno sporcaccione, ecco tutto! Per colpa di quei giornalini che hai nascosto sotto il letto ti stai scimunendo.»
Non sapevo come giustificarmi, abbassai lo sguardo, lei continuo:
«Eppure vai a scuola… fai amicizia … non c’è una ragazzina della tua età che tipice? Non hai una comitiva di amichetti per andare fuori?»
Allora trovai il coraggio di rispondere.
«Mamma ma che comitiva se tu non mi fai uscire mai? Anche se avessi la ragazzina non potrei vederla mai.»
Lei per un attimo rimase seria, poi scoppio' a ridere.
«E va bene… è vero hai ragione, non alzare la voce altrimenti si sveglia tua sorella.»
Socchiuse la porta e, più accomodante, mi disse:
"Ma cosa volevi vedere le mie tette? Già me le guardi quando io mi spoglio o pensi che non me ne sia accorta?» si aprì la camicia e le tiro' fuori, «toh guarda allora,vieni vicino tocca dai, non fare il ritroso adesso.»
Così mi avvicinai e con mano tremante toccai una zizzona, sento ancora tra le mani il calore, quella palla di carne dura, quel capezzolo duro, lo presi tra le dita e lo accarezzai a mano aperta, strinsi forte entrambe le zizze con le mani come volessi impossessarmene.
«Oh, fai piano che mi fai male,» disse lei" e le cosce vuoi guardare anche quelle?» e apri' la vestaglia sulle cosce mostrandole, misi la mano anche tra le cosce… "fermo lì disse lei « non andare oltre, la' no non toccare .Bene, adesso che hai visto tutto che fai, stai peggio di prima immagino, quindi?» rise, e senza preavviso fece una cosa che non avrei mai nemmeno sognato, e mai più scordato, si sporse in avanti e mi prese il cazzo tra le mani, da sopra il pigiama. Poi delicatamente abbassò tutto, anche le mutande e lo strinse delicatamente tra le dita… Voleva masturbarmi? Credo di sì ma…ma appena lo toccò io subito venni immediatamente tra le sue mani.
«Ma che fai?» disse sorpresa ma allegramente «Oh ma stavi proprio male, eh?» mi lasciò li' e andò in bagno a lavarsi le mani. Poi mi disse di andare a letto e di non pensarci più, mentre lei tornò sul divano da sola a guardare il telegiornale.
Mi sdraiai sul letto e, come inebetito, mi misi a guardare il soffitto, immobile, cercando di dormire o almeno di fingere perché ero troppo confuso, eccitato e imbarazzato, soprattutto perché le avevo sborrato in mano, cosa che a quell’epoca consideravo veramente sporca e peccaminosa...
Più tardi rientrò mio padre e in soggiorno li sentivo confabulare; ogni tanto lei rideva. Tremavo di paura. “Mica gli starà raccontando ciò che è successo?”
Poi sentii la porta del soggiorno scricchiolare, mi alzai dal lettino e silenzioso come un gatto andai a guardare, la porta era di quelle scorrevoli e non si chiudeva mai bene, a mia memoria.
Vidi lei che era chinata in avanti, con le mani si teneva al bracciolo del divano, la vestaglia alzata fin sulla schiena, per il resto era tutta nuda. Papa' non lo vedevo ma dagli scossoni che prendeva mia mamma capii che la stava chiavando: le sue tette nude ballavano sotto i colpi da dietro, lei aveva il capo reclinato e godeva in silenzio, mordendosi le labbra. Mi si gelo' il sangue, ma cominciai a tirarmi un'altra sega. Lui la chiavava e io mi segavo.

La mattina dopo mamma mi svegliò per mandarmi a scuola, le dissi che non mi sentivo bene e sarei rimasto a casa. Lei non fece storie, si vestì e portò a scuola mia sorella. Tornò dopo poco… in genere tornava tardi perché andava a casa della nonna, strano. Dopo aver sbrigato un po’ di faccende entro' nella mia cameretta, apri' le imposte e si sedette ai piedi del lettino.
«Guarda, »mi disse »io voglio chiarirti una cosa, quello che e' successo ieri sera, e' una cosa anomala, che non deve succedere più, perche' sei mio figlio e sei ancora un moccioso. Però, nello stesso tempo sono preoccupata, primo perché' tutte le seghe che ti fai ti fanno male e poi perché a causa della tua curiosità potresti andare a cercare da qualche parte sbagliata, e ti farà più male delle seghe.»
Intanto che parlava si alzò e si sfilò la gonna, restando in mutandine e giarrettiere(all'epoca i collant erano rarissimi), poi si tolse la maglia, ora era proprio bella ed eccitante come quelle donne fotografate sui miei giornalini. Si sdraiò vicino a me e mi chiese se sapevo slacciarle il reggiseno. Lo feci e lei se lo tolse, di nuovo quelle zizze meravigliose erano davanti ai miei occhi.
«Posso toccarle» le chiesi.
«Guarda, io sono qui proprio per farti togliere le curiosità, per farti vedere le cose che ti incuriosiscono tanto, e magari anche toccarle, per questa volta.»
Comincia a toccarle quei zizzoni a piene mani.
«Non farmi male» disse mamma, «con calma, le devi accarezzare non strizzare, vedi se fai con calma i capezzoli si induriscono di più', baciali dai, lo hai fatto tante volte fino a qualche anno fa, anche se la situazione era diversa,»
«Mamma, togli anche la mutandina?» chiesi col fiato corto.
«Fai tu stesso dai,» m' incoraggiò lei per farmi spratichire.
«Ma devo togliere anche le calze e il reggicalze?»
«Se vuoi… ma impara che le mutandine sono sopra il reggicalze, così le donne, se devono fare pipì non devono levare tutto,»
Ma io comunque per godere del suo corpo nudo, sbottonai le giarrettiere e le sfilai le calze. Con mano tremante poi, la mutandina. Lei apri' leggermente le gambe e la vidi, finalmente, dal vivo: succosa, pelosa, mi prese la mano e se la porto' li', facendomi passare le dita tra le labbra.
«La senti,» mi chiese, «e' umida vero?» e continuava ad accompagnare la mia mano sulla pucchiacca.
«Respira profondamente, calmati» mi disse «così eviti di venire subito, come ieri.
«Girati mamma, voglio toccare il culo» le dissi, lei sorrise si giro' e mi trovai quel bel culo davanti agli occhi, e ripensai alla sera prima quando avevo visto come si muoveva, come la carne tremolava mentre papa' la scopava… e glielo dissi,
«Pure questo hai visto? E che cazzo, sei proprio irrecuperabile» e ridacchiò di me. Grazie alla sua leggerezza e alla sua disponibilità, in quel lontano mattino mi stavo sciogliendo, diventavo piu' intraprendente, e cercai di infilarle le dita nella figa.
«Oh, che fai, almeno fa piano.» Ficcai, e lei fece un sospiro, declinando indietro la testa. Contemporaneamente avevo la mano sulle tette che accarezzavo con dolcezza come aveva chiesto,
«Ora basta, penso di aver soddisfatto la tua curiosita', chiedimi l'ultima cosa per farti venire… visto che non l'hai fatto ancora, e basta.»
Pensai: “chiedo una sega o di baciarmelo, o di farmelo mettere nella figa?” Avrei voluto tutte e tre le cose ma dissi d'impeto farmelo mettere vicino alla fessa, insomma, più o meno come faceva papà.
«Ma dai non essere cretino, oh: sono tua madre…» poi si lasciò andare e, quasi sbuffando « va', proprio per finire questa storia…» me lo tiro' fuori il cazzo, ancora acerbo di un ragazzino ma talmente duro e più grosso del solito da sembrare un verga.
«Pero'!» disse mamma e comincio' ad accarezzarlo con sapienza per qualche minuto, aprì bene le cosce e mi fece montare su di lei. Ero impacciato e troppo arrapato, le sue carezze non le sostenevo e così iniziai a sburrare prima del tempo, incapace di trattenermi, e la sporcai di sperma ancora, come la sera prima. Ma lei, non ci scherzò, non mi mortificò, pazientemente si alzo' e andò via, a lavarsi, lasciandomi li, cazzo all'aria e faccia da ebete, travolto dagli eventi, meravigliosi e incredibili.

Dopo quella volta erano passati giorni, mamma non mi dava tanto spago, mi evitava quasi. Ero dispiaciuto, arrabbiato con me stesso per quello che avevo fatto, ma nella notte, ripensando, ero arrabbiato di piu' per quello che non avevo fatto: avrei potuto ottenere la prima vera chiavata della mia vita e con chi? Con quella meravigliosa donna, burrosa, invitante, eccitante che era la mia stupenda mamma.
Ma lei non mi dava occasione di accostarla in intimità. La sera non sedeva piu' sul divano e quando si svestiva, chiudeva la porta lasciandomi fuori a sognare.
Però il caso gioco' a mio favore.
C'era un panificio vicino casa e il padrone del negozio ogni volta che mamma andava a spendere faceva il brillante e lei era sempre sorridente e compiaciuta dei complimenti e rideva come una scema.
Anche il meccanico, che era amico di papa', ogni volta che mamma passava di la le sbavava dietro e le faceva complimenti fingendo di scherzare, ma il panettiere faceva piu' colpo su di lei, ci sembrava benissimo, e una mattina che tornai prima da scuola la vidi arrivare nel pulmino di quello, la lasciava dietro il palazzo dove abitavamo.
Mi nascosi, lei scese ridendo e saluto l'uomo che ando' via.
Il sangue mi monto' alla testa, corsi come un pazzo e salii a casa prima di lei. Quando entro' la accusai.
«Ti ho vista nel furgoncino di Alfredo, cosa ci facevi?» gridai.
«Ma sei pazzo?» disse «Hai visto male, non ero».
«Mamma, eri tu ti ho vista, che ti fai scopare da quello?»
Mi rifilo' un ceffone forte.
«Sei uno stronzetto mi disse, per chi mi hai presa?» e tento' di colpirmi ancora, «mi ha dato un passaggio perché avevo le borse»
«Si? allora quando viene papa' glielo dico vediamo che ne pensa.»
«E io gli dico che hai tentato di fare il porco con me?»
«Bene, diglielo e vediamo a chi crede.»
Lei scoppio' a piangere.
«Ma che vuoi da me, perche' mi tormenti, lo so che ho sbagliato a fare quel che ho fatto con te ma l'ho fatto per proteggerti, perche' ho paura per te… che sbagli, che prendi qualche malattia… Non dovevo farlo ma l'ho fatto, ti ho fatto passare lo sfizio non ti basta?»
«No,» risposi accecato dalla gelosia e dal desiderio «perche' me lo hai fatto solo in mano! La sega me la faccio anche da solo… ma io voglio te e voglio provare almeno cosa si sente in bocca o dentro di te, almeno una volta.»
Lei rimase impietrita credo non sapesse come uscire dalla situazione, io le andai vicino e cominciai a tirarle i vestiti da dosso.
«Calmati» disse spaventata «stai calmo».
La tirai a me, “stai calmo” ripeteva mamma, ma io mi accostai alla bocca e la baciai sulle labbra: uno, due, tre baci “a stampo” sulle labbra calde e carnose,e lei rispose mettendo la sua lingua tra le mie labbra, feci lo stesso, ma lei me la succhio'.
Ero come impazzito, non avrei mai immaginato che i baci potessero essere così arrapanti, così sensuali. Intanto, a forza di strattoni, le avevo tolto le vesti. Le sganciai senza che si opponesse il reggiseno, ed ecco le sue meravigliose zizze, le baciai a lungo, bramoso, le succhiavo, succhiavo i capezzoli, e con le mani attaccate al suo culo la tiravo a me.
«Aspetta, sta calmo» mi porto' in bagno, «Ascolta la mamma, adesso, tesoro mio, vieni…» Mamma si pose al mio fianco davanti alla tazza del gabinetto; c’era un grande specchio con le luci e quello che vedevo era il paradiso. Eravamo affiancati e lei si tolse le mutande e le calze, rimanendo tutta nuda. Poi tocco a me, mi tolse il pantalone, le mutande e la maglietta. MI vidi: piccolo, magro, quasi insignificante come uomo, vicino a quella meraviglia della natura, opulenta e inviante.
«Facciamo così, se no, ancora una volta non te ne vedi bene… Tu guarda nello specchio, ti piacerà!»
E vidi mamma chinarsi di lato, a 90 gradi, ora vedevo anche le chiappe tonde, i senti penzoloni e le sue mani che mi toccavano delicatamente il cazzo e i coglioni.
Poi mamma fece l’impossibile, mi strizzo il pesce e si sputò delicatamente la saliva sulle mani, così, una volta ben bagnato me lo scapocchiò tutto, cosa che temevo sempre di fare per paura di sentire male.
Il mio cazzo ora era una piccola asta, lunga e arrapante, con la testa fuori, tutta rossa… e mamma, incredibilmente, prima me lo bacio poi se lo mise tutto in bocca, una, due, nemmeno tre volte che io spruzzai spaccio, facendola ritrarre di botto per non prenderla perfino negli occhi.
«Bravo, bravo, il mio tesoro» disse con dolcezza materna «ora vedrai che sarà tutto diverso, tutto più bello». Mi baciò teneramente ma in bocca, con la lingua, e odorava della mia “spaccimma” una cosa che credevo sporca e invece mi sembrava il nettare degli dei.
Mi asciugò e mi pulì il cazzo con la tovaglietta, poi mi lavò accuratamente con acqua e sapone la verga e la capocchia… e io già mi stavo riprendendo, ricevendo impulsi eccitanti dal mio pesce ancora barzotto.
«Ora lo puliamo bene, non dobbiamo correre rischi…»
Non capii molto bene ma il cuore mi batté perché qualcosa mi diceva che non era finita… infatti.
«Vedi, tesoro mio, tu sei tanto giovane e il tuo coso è eccitabile in modo esagerato, ecco perché arrivi così in fretta… ma vedrai che adesso, ora che sei più calmo, sarà diverso, durerai di più e godrai di più… vieni…» e presomi per mano mi portò sul letto grande, in camera sua.
Arrivati lì mi fece sdraiare e si mise accanto a me, stese la mano e me la mise sul pesce, credo per controllare la durezza, inutile dire che la mia mazza era già pronta e rigida, vista la situazione “ai confini della mia giovane realtà”.
Mamma dischiuse le cosce, il suo monte di venere era tondeggiante, paffuto, mi prese la mano e se la tirò lì.
«Vuoi vedere quando una donna è “pronta”? Allora metti pian piano un dito dentro lo spacco e dimmi… com’è?»
Eseguii.
«Mamma… è il paradiso: e calda, è umida… bagnata».
«Ecco questo significa che io adesso sono piena di desiderio, voglio fare l’amore, insomma… è una sensazione irresistibile e vale per ogni donna. Se ci bagnamo così vogliamo essere prese, possedute, capisci?»
Mi attirò sopra le e fu lei stessa a guidare il mio cazzo impacciato tra le cosce stese, entrava poco ma la capocchia si fece spazio tra le grandi labbra.
La sensazione di essere carne contro carne, completamente, era qualcosa di stupefacente. Spontaneamente mi mossi per spingerlo dento ma tendeva a uscire dalla fessa, così restai immobile ritenendo che già quello era il paradiso: la sua pucchiacca era talmente calda che quasi mi bruciava il cazzo.
«Calmo, stai calmo, goditi il momento… ecco adesso ti faccio entrare tutto il pisello in me, stai fermo fermo».
E fu così che la mamma aprì le cosce e alzò le ginocchia cingendomi ai fianchi, solo con questo movimento il mio pesce le entrò in figa fino alle palle.
«Aaaah,» smaniò «come sei duro… aaaah, ti piace la tua mamma».
Non parlavo, non capivo più niente per la voluttà.
«Bravo… bravo amore, adesso devi tirarlo quasi fuori e poi ficchi di nuovo, con calma, lento, lento… siii» detto questo mi cercò la bocca e ci baciammo mentre con dolcezza eseguivo la prima scopata della mia vita e, ovviamente, con il più grande e puro amore della mia vita: mia madre.
Da quel momento fu tutto frutto della spontaneità. Lei faceva del suo meglio per spalancarsi alle mie penetrazioni e io chiavavo nel suo corpo, alternando movimenti di dolcezza a profonde e rapide penetrazioni. La fessa di mamma era tutta bagnata e io le viaggiavo in corpo senza ostacoli. Non ebbi problemi di eiaculazione… non so dire per quanto scopammo in quella favolosa posizione… non ricordo o non capii se mamma venne a sua volta, ma credo che anche per lei fu un’esperienza superlativa.
Quando capì che era il momento mi spinse furo per i fianchi appena in tempo e io sburrai di nuovo, forse ancora più “roba” di prima.
Ricordo che era giorno e si vedeva tutto benissimo. Ricordo che il corpo abbandonato e godurioso della mamma era tutto imbrattato di sperma opalino ma l’immagine che mi accompagnò per, credo milioni di sogni e di seghe solitarie, fu lo sperma appiccicaticcio intriso tra il pelame della sua pucchiacca.
Caddi al suo fianco, credo quasi svenuto, perché quando riaprii gli occhi mamma era già pulita e aveva pure indossato uno dei suoi bellissimi camici.
Mi aveva posato una salvietta sul cazzo, lo asciugò alla meglio e poi mi disse di andarmi a lavare.

Ho tenuto segreta questa storia perché troppo intima, però non l’ho mai scordata, anche perché ha segnato la mia vita e la mia sessualità.
Da allora non ci fu mai più niente con mia madre né ne parlammo mai più. Ricordo solo che forse ritenendomi ormai più maturo mi diede una maggiore libertà di modo che iniziassi a godere di nuove amicizie e più esperienze, per crescere e diventare un uomo.