Pirati! 1 Marzo 2004

... Certi segnali in oceano non si notano neanche, spesso spariscono dopo un paio di minuti, non ci può essere un'altra imbarcazione da queste parti, sarebbe un caso raro... eppure quel maledetto puntino continuava a lampeggiare sul radar come se volesse farsi notare a tutti i costi, come messo di un vicino pericolo... non ero tranquillo, sentivo che c'era qualcosa di strano e ciò mi turbava per questo presi tutte precauzioni possibili ed imbracciai il binocolo alla ricerca di qualcosa di abbastanza grosso da lasciare un segnale così nitido... non vedevo niente... l'oceano sa essere così crudele a volte, ti circonda di una foschia in realtà quasi inesistente, quanto basta per sgranare le immagini di oggetti lontani... "non devo preoccuparmi", pensai, ma all'istante la coscienza prese il sopravvento sulla ragione e cambiai opinione... quella maledetta eco non era un'onda più grossa delle altre... si avvicinava... rapidamente... dopo mezz'ora cominciai a notare un microscopico puntino all'orizzonte... dovevo coprirmi gli occhi, era proprio contro il sole rovente dei tropici e a quell'ora, mezzogiorno preciso, era quasi insostenibile... ma il fastidio di una luce così intensa proiettata nelle mie pupille non mi faceva demordere, continuavo a guardare il puntino che intanto aumentava la sua dimensione... presi il binocolo una seconda volta, ci misi qualche istante a centrare l'obbiettivo, il vecchio Makalos ballava sulle onde quanto bastava da costringere me e il resto dell'equipaggio a trovare solidi appigli per potersi muovere con sicurezza, non riuscivo a vedere... l'aria era calda, molto calda, ma non mi dava fastidio poiché la brezza marina compensava dando invece un senso di benessere... un benessere talmente appagante da risultare quasi scomodo visto il mio nervosismo... il mare è grande, nel più completo dei sensi...

Tutta questa apparente tranquillità cominciava a darmi i nervi, sentivo che qualcosa non andava eppure non succedeva ancora niente, c'era solo quella sagoma che si avvicinava sorniona, in maniera quasi inquietante... "lo sapevo"... è questo che dissi non appena capii cosa avevo di fronte... una barca... una grossa barca di legno, con lo scafo dipinto a strisce orizzontali in tipico stile somalo... la cosa non prometteva bene... noi eravamo armati, fino ai denti, proprio a causa dei pirati somali che impestavano il corno d'Africa... i miei pensieri si accavallavano di continuo... "i pirati!", "macché, e poi proprio a noi? no, è impossibile"... ecco che tutto diventa più chiaro... vedo distintamente una decina di uomini che trafficano verso poppa... calano una barchetta in acqua... con una frenesia tale da farmi pensare ad un'emergenza... ma capii subito che non era così... la barchetta, in cui salirono tre uomini, si avvicinava a tutta velocità verso di noi... era il momento della verità, pirati o no adesso avrei capito a cosa andavo incontro... poi d'improvviso ebbi quasi un infarto... ero stato lì, ad aspettare, senza aver avvisato nessuno... chiamai subito mio padre a squarciagola, con un tono tanto preoccupato che nonostante fosse a dormire mi raggiunse in pochi istanti... appena vide la barca avvicinarsi pronunciò delle parole che mi penetrarono il cuore... "ci siamo"... cosa voleva dire? lo capii subito, non appena prese l'AK‐47 e lo poggiò sul tavolo da carteggio... quel gesto mi fece tremare...

"Sono armati?" mi chiese lui mentre li centravo col binocolo... "no" risposi io deciso... riuscivo a vedere nitidamente l'interno della barca in avvicinamento e potevo dire con certezza che no, non erano armati... il tempo di rispondere che i tre individui raggiunsero il Makalos... "fish, fish!"... pesce?! ma come? non erano pirati?? provai un'enorme sollievo... anche papà sembrava rinsavito all'istante... rispondemmo di no, in maniera decisa... come potevamo comprare del pesce a duecento miglia dalla costa? era ridicolo... troppo ridicolo... era stupido... già, stupido... e questo pensiero era talmente spontaneo che spontanea fu anche la paura che lessi nel volto di mio padre... alla nostra risposta negativa uno dei tre uomini prese un coltello dalla cesta del pesce, un piccolo coltello da cucina... non lo rivolse contro di noi, ma all'esatto opposto... verso la barca più grande... era un segnale... stava facendo riflettere la luce del sole sulla lama di metallo... sentii come se d'un tratto si fosse rotto qualcosa... quella tensione emotiva che aveva preceduto quel gesto era svanita nel nulla, lasciando invece il posto ad un naturalissimo istinto di sopravvivenza... papà si mise al collo il fucile, lasciò scorrere la mano nel gesto di caricare quel mostro pieno di piombo e subito dopo le barchette divennero due.. non più con tre uomini a bordo, distinguevo sei uomini per barca, erano talmente tanti che la scena, se non vissuta direttamente, poteva sembrare anche comica.. ma tutto era tranne che comica in quegli istanti di apprensione e perse tutta la sua importanza nel momento in cui dalla barca più vicina a noi partì, chiaro come una scritta nera su un foglio bianco, un colpo di fucile... ci sparavano addosso... ero terrorizzato, non sapevo che fare, il primo istinto fu quello di nascondermi sotto coperta, magari nella sentina... ma non potevo comportarmi in maniera così vigliacca, ero in pericolo e dovevo affrontare da uomo la situazione... mi girai, vidi la scatola dei proiettili sul tavolo da carteggio e senza esitare riempii un caricatore, così da poter dare un supporto a mio padre nel caso avesse finito i colpi... papà era interdetto, nel suo volto si leggeva sia paura che coraggio ma alla seconda raffica, questa volta ad altezza d'uomo, rispose con ferocia, le due imbarcazioni cominciarono ad avvicinarsi a tutto gas; erano a cento metri quando con mio immenso stupore papà mi dette il fucile e si mise ai comandi del Makalos nel tentativo di seminare gli aggressori... ma eravamo palesemente più lenti di quelle rapide lance di legno, si avvicinavano sempre di più, ero terrorizzato... con un AK‐47 tra le braccia... cosa fare? in quei momenti si cessa di pensare... si agisce... e fu così che risposi ancora una volta al fuoco, ad altezza d'uomo, senza curarmi dei miei stessi principi morali che facevano dell'omicidio un terribile delitto... sparai, sparai, e sparai ancora, il sordo rumore delle pallottole che esplodevano all'interno del fucile mi dava una carica enorme, non ero più me stesso, ma un animale che proteggeva il suo territorio... fino a quando non vidi chiaramente dei frammenti di legno volare per aria tra le due barche che ci inseguivano... avevo fatto centro... la cosa mi eccitava e mi inorridiva allo stesso momento... ma fu lì che capii di aver fatto la cosa giusta... misi paura ai "pirati".. che senza batter ciglio cambiarono direzione e a tutta velocità tornarono verso il grosso barcone di legno...

Era tutto finito... mi venne spontaneo guardare l'orologio... erano le 12.20... era successo tutto in venti minuti... venti minuti che erano sembrate ore interminabili... come interminabile fu l'abbraccio che dopo quasi due ore di motore a pieni giri ci scambiammo con mio padre... eravamo salvi.. un padre e un figlio potevano continuare la loro avventura...