Rimpianto

Era una sera gelida e tempestosa. Mi trovavo nella mia casa in campagna, arredata per lo più con mobili antichi e cupi. Sedevo di fronte a un’ ardente caminetto con in mano una lettera. Avevo quasi cinquant’anni e nel mio volto erano ormai evidenti i segni degli anni trascorsi. La busta era di un colore giallo ocra, in alto a sinistra risaltava la sigla A.B. Tra un respiro e l’altro sorseggiavo il mio the fumante, quando a un tratto decisi di aprirla. Riconobbi immediatamente la scrittura sbavata e ormai stanca di colui che ho odiato immensamente ma che purtroppo non riesco a dimenticare. In un attimo sembrò come se la mia esistenza mi fosse passata di fronte agli occhi, proprio come in un film. Ricordai i momenti più leggiadri e quelli più bui, gli amori adolescenziali, le urla e le risa di una vita che non ricordavo neanche di aver vissuto. Mi premetti la lettera al petto e piansi con la speranza che le lacrime potessero espiare tutti i peccati commessi. Le argentee gocce d’acqua solcarono il mio viso per tutta la notte come lame taglienti, il silenzio padroneggiava nella stanza spoglia. Mi voltai e vidi che le prime luci dell’alba bussavano alla mia finestra, così gettai la lettera nel baule, presi il cappotto e mi tuffai nel gelo invernale della mia città, ancora assopita. Vagai senza meta per molte ore. Durante il mio cammino, scorsi una sagoma familiare seduta su una panchina alla fermata del tram, notai un volto segnato dal tempo e con l’angoscia negli occhi. Indecisa sul da farsi lo salutai, provando a stabilire un contatto. Mi avvicinai. Il suo sguardo imprecava aiuto, il suo corpo richiedeva calore umano, il suo volto reclamava il perdono, in un gesto istintivo lo abbracciai ma non ebbi neanche la forza per proferire alcuna parola. Tra un singhiozzo e l’altro l’uomo mi disse: “Ricorda S.B. errare è umano, perdonare è divino”. All'improvviso mi ritrovai misteriosamente in un bagno di sudore avvolta in una coperta, piangente e tremante come una bambina ancora in fasce. Ricordai. Con uno scatto degno di un felino, lasciai scivolare la calda coperta e corsi di fronte al grande baule. Freneticamente lo svuotai e cercai in un tentativo disperato la busta ingiallita dal tempo. La trovai e trasalii dalla gioia, mi accorsi che in alto a destra, portava un timbro. Mi stropicciai gli occhi, lessi e rilessi – 08 febbraio 2004. Il tempo si fermò. L’orologio interruppe la sua corsa, lentamente mi alzai e fissai il paesaggio ormai spento al di fuori della mia abitazione, guardai il calendario appeso al muro. Data di oggi ‐ 08 febbraio 2010. Mi lasciai abbracciare dalla poltrona di velluto, con in mente la lettera e nel cuore il rimorso di aver avuto l’opportunità di essere una dea, ma di averla rifiutata 6 anni or sono. Strinsi la lettera tra le mie mani, e chiudendo gli occhi sperai di poter ottenere almeno un’altra occasione.