Poetare è organizzare città, suonare violini, inclinare il fianco del corpo e curvarlo sino a renderlo sbilenco. E' un'alba esaurita, è il sovvertimento del bianco in nero, è un'ardua compressione del linguaggio: parole disastrate che calmano l'anima. Ciò che sento nelle mie poesie è l'esorbitante assedio del mondo.
Mi sembra di ricadere in quell'ospedale, nell'angoscia felice che ho scacciato. Scrivere è come sguinzagliare i ricordi e distorcerli, cuocere le parole con l'inchiostro e farle levitare sul corpo. E su di esso, ho delle stagioni piene d'ansia: il mio cuore che si lamenta per l'assenza dell'eco.