Che forza quando l’anima disloco
lungo i reconditi sentieri immensi
di cielo, terra, mare e anche di me!
Oppure è lei a far, del corpo, piuma?
Cielo
Trapasso il prisma del segreto cielo,
di qua e di là le stelle col moschetto
a preservare me, viaggiatore
alla ricerca dei pianeti nuovi.
Parto dal sole che mi dà in regalo
un largo nastro dei potenti raggi
e sembro proprio quel gabbiano
la prima volta visto da bambino.
Terra
Guadagno il ventre dell’antico bosco
ed il percorso mi è facilitato
dal rasoterra di viole nane
che petali spalancano al passaggio.
Nel verde è l’eco di languide voci,
di musiche dai prìncipi donate
a more e bionde da innamorare
prima e di più di magici castelli.
Mare
Son capitano del vascello azzurro
che scansa i neri scogli sotto prua
per arrivare all’isola deserta
sui giochi d’acqua e i coralli rossi.
A riva pianterò sicura tenda
da cui uscire di mattina presto
per controllare l’ancora e lo scafo
e, poi, andare a caccia del tesoro.
Me
Io entro col più garbato intento
nel corridoio che mi porta al cuore
per far la prova delle cento chiavi
fino a trovar la stanza degli specchi.
Tra quei riflessi, i più argentini,
solo l’amore intendo io scovare
per misurarmi dopo con la Terra
nel riproporlo, se si può, ad arte
***
Siano benedette di Erato le labbra
mentre mi lagno della scarsa vena
di belli inchiostri sulla scrivania
assai incapaci di registrar parola.
La mia poesia, la migliore,
è solo quella che non scrivo mai,
trattenuta nel cavo della gola
per esser bisbigliata e non stesa.
*
Anno di stesura 2009
Mensile Il Saggio 02/2011