ARLECCHINO MIO

 
Le toppe gialle, quelle azzurre
e le altre, verdi bianche e rosse,
ogni santo giorno si scolorano.
La luce del sole non le sceglie più.

Spacciatore di magie, io piango.
É inutile che spolvero e rispolvero.
Solo una sola cosa mi rimane:
buttare tutto e darmi un po’ da fare.
Cavi d’acciaio e lucenti chiodi
io li potrò trovare dove voglio.
Per assemblarli, basterà un minuto
e uno smalto suggerito dallo spot.

Il tempo della fantasia è ormai finito
ed anche quello delle belle attese. 
Mi dicono che è l’urgenza delle cose
e… non importa quali cose.

Alla maniera di un infermo grave,
sul mio comò lui ora non si muove.
E fallisce ahimè l’estremo tentativo
di farlo vivo al lampo dei miei occhi,
di ricordargli da ore ed ore i sogni
dei quali gli sono eterno debitore,
di scuoterlo al forte battito del cuore
perché mi doni l’ultimo suo exploit.

Poi, d’improvviso, risorgono i colori
ma è il riflesso del tramonto rosso
che insieme ad Arlecchino mio
dà l’ultimo sussulto. E muore.




*
Pubblicata sull’Antologia del Premio Belmoro VII Ed. 2009