Dormivi di giorno,
vestito,
per alzarti già pronto
all’ora fissata,
e recarti dove la tela
aspettava paziente,
oltre il biliardo.
(Qualcosa di vago nell’aria
pregna di assenzio!
Rumore di spessi bicchieri;
labbra tese a sorbire
il liquido amaro;
occhi fissi nel vuoto).
E così ogni notte
– per tre lunghe notti –
nel caffè di Arles hai ritratto
con verdi, rossi e gialli,
le passioni dell’uomo,
la sua solitudine.
Nel colore hai trovato
la sua vita,
il suo muto dolore.
4 aprile 2007
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