Canzone triste

La  tua realtà non esiste,
te la sei inventata tu
per tagliarmi le ali.

Ti ho visto in controluce
torvo e infelice
cupo e contratto
oscuro
rattrappito
nodoso
striato
aggrappato
a false certezze,
omologato
impedito
da parole inchiodate,
da immagini senza colore.

Volevo portarti con me
su in alto nel cielo
tra draghi di zucchero filato
e fiori di stelle
e albe violette
e tramonti infuocati,
tra azzurri cobalto
e grigi di perla
dentro arcobaleni
lindi di pioggia
per guardare il sole
con occhi lucenti.

Volevo cullarti con me
sull’amaca della luna
e mostrarti il suo volto sereno
segnato da monti senz’acqua.

Ma tu non vedevi che nebbie
umide e fosche di fumo
e mi hai cancellato
dentro un velo di non‐curanza,
hai chiuso il mio canto
in una morsa di ghiaccio
e la danza
dentro una gabbia di acciaio inòx.

Io ti avevo creduto e non so
perché vivo ancora,
te nonostante.
Ma vivo e respiro
e volo più in alto
sulle onde dei venti
e rido della tua realtà di cartone.

Ti ho visto in controluce
e canto da sola,
libera mi libro nel libro della mia vita,
leggo il tuo libro senza parole
leggo i tuoi occhi spenti
e piango lacrime che non tu non conosci.

Il mio cuore batte sul tuo
‐spaventato dal vuoto‐
cammino i tuoi passi senza letizia,
ascolto il tuo lamento mono‐ton,
aspetto e canto.