Cinque Cento Cinquantacinque

Sono nata dopo di te. Buia e stretta,
come Febbraio. Gli occhi inzuppati
di cielo: aspettarono curiosi di vederli
maturare in nocciole, parure perfetta
per i capelli, eppure nulla. A venti
mesi ancora cielo:dicevano fosse così
perchè loro lo avevano guardato troppo
prima di staccarmi. Puff. Cade preciso
il pomo dal ramo. Di vita so tre cose:
è normale, è scomoda, è alta e disinvolta.
Su di me cucirono più stoffe, divise da cui
spillavo come da un boccale la mia bava,
su di me tentarono più cose che cominciavo
per poi lasciarle lì. E nemmeno ritornavo
sulle briciole spaesate per completare
il giro. Sono nata dopo di te: stavo dal
lato opposto.La culla attaccata al salubre
matrimonio dei miei, un doveroso ascesso
venuto fuori a zampa anni  Settanta. Il porta
lampada contiene cassette e sull'armadio
corre una gendarmerie di salvadanai rossi,
riserva di sangue, ponfi di più grandezze,
matrioske senza la guaina del sarcofago
gemello. Un'estate mi insegnò la bicicletta,
le rotelle rigavano il terrazzo, scia di nave
da terra, caddi lì e caddi altrove.
Saltavo con l'elastico e con due amiche,
creature che si estinguevano puntuali
alla fine di Agosto, migranti più delle
rondini. E poi c'era il gioco solo mio:
la penna ed il foglio.
" Che fai, non vieni? E' pronto! Si fredda!"
Ed io là, le gambe incrociate sotto il tavolo
e la sinistra agile più della destra, il mio
contrappunto senza suono compariva come
il tuo già tempo fa.  E tutto intorno il mondo
che ci diceva strani per quel passatempo
senza amici e senza palla: appuntamenti
con la carta da cui rincasavamo controvoglia.