Cinque Cento Cinquantadue

Copriti, non fare tardi. Ho perso le
gambe da quando cammino senza di te.
Le braccia sono stampelle  e portano bene
la carne all'ordine dell'armadio a muro
dei giorni, ghirigori ed estencil.
Nella pancia si incassano casse, in ognuna
muore un'idea, più avanti un nome, poi
una faccia, respirazione artificiale  è
quella che cola dalla scapola al polpaccio.
Tre giorni per il rigurgito, resurrezione!
Ola dalle venti all'alba: cosa mi è successo?
Non si sa. Tenevo il sorriso vigile come una
flebo, ma forse il tubicino o forse  l'ago,
espulso come un piccolo escremento d'argento.
Copriti, non fare tardi: è tempo di genetliaci
e le rane mai passeggiarono così disinvolte
per maggio, c'è pure un po' di autunno incrostato
ai gerani, stagione di follie e folle stagionate
ai cambiamenti improvvisi.Tu ascoltami,
non fare tardi e se ritardi copri bene le spalle
ed il pomo d'Adamo: sembra la luna quando
sanguinosa spunta dal mare, tipo bersaglio
centrato, pozza in cui il proiettile ha pagato regolare
l'affitto. Ama, ma ama un po' meno e, se ti riesce,
fallo con santo distacco: che poi non sopporterei
certo di saperti seduto al riparo da me che ti
infuocavo con il mio liquido sentimento esplosivo
per poi disinnescarmi all'impiego, tirando i remi
all'asciutto  se tu stavi integro, impermeabile
e waterproof.