Cinque Cento Trentadue

Tieni sempre una dose di me
sotto il braccio:  sia pure una
sfoglia del mio nome, il codice
con il colore dei miei piedi
a maggio, la texture della bocca
o come arrossivo  se solo i
tuoi occhi mi prendevano più
di quel che dicevo.
Se non sotto il braccio, tienila
allora nella tasca più a sud
di tutto il tuo vestiario: l'alcova
sgranata dalla mano che
compra o che paga e
l'infila sovente, si proprio
lì, vicina di casa del tuo
bacino, cattedrale ossuta
da cui parte infinita la
fedeltà fra le tue gambe.
Tienila come una fialetta
di siero, cerotto al morso,
veleno contro veleno,
Caino su Abele,
struggente cura paradossale
che è familiare del male.
Come uno di quei parenti
allontanati per convenienza:
tienila là, con impressa la
data del primo contagio.
Così che saprai sempre
quanta berne, inalarne,
iniettarne  se io dovessi
tornare con la stessa
minaccia. Un bacio non è
mai un  bacio se dato coi denti.