Cinque Cento Undici

La signora domenica rideva:
a tavola fra i cuccioli sorseggiò caffè,
un mezzo volentieri ed un pettegolezzo
intero. La domenica batteva  in azzurro
fra il corridoio e le finestre e fino al letto
il bacio del sole era alla francese.
La signora è giovedì: non fuma.
Il cervello spento tiene ostinato
il soppalco della cotonatura
delle sette e trenta, parrucchiere e
piaga, tintura a volte; l'angoliere con
l'ultima ricetta, mesto leggio,
esibisce tre dosi di accompagnamento,
due di pazienza. Dalla porta vola acre
la corrispondenza fra la trapunta da
cambiare e la fronte cera, o
c'era un segno per intervenire.
Salotto di mestiere l'imprevisto
per la morte che rispettò il festivo.
Intorno circola commosso il sangue
ancora in forze spiando
il collega ormai fuori dal turno.
La signora incanalata fra le coperte,
funebre cialda, ha indetto un ultimo
raduno, Svizzera e Costa, con gli
occhi affusolati,  discorso fra
parentesi già chiuse.
Un'altra nonna le sfiora il piede,
l'onda sotto il marmo piano raffredda.
E verso sera sarà già tutto ghiaccio
da quella pozza di capelli e vene.