Come la morte

La violazione cruenta t'ha soggiogato
Il peso sulle reni impresso il marchio dell'infamia
Pretendesti l'immunità nell'età imprudente vagando per la resola oscura affianco di un'orgia d'animali insani di lussuria deliranti
Fra loro il più crudele concupì il possesso della sensualità incelabile nell'ingenua tua figura
Opponesti un rassegnato resistore che la minaccia di morte era nella sua ruvida stretta nelle sue spietate percosse
Stillarono sangue gli occhi vitrei in una fissità siderale insieme alle stelle così lontane e la purpurea luna
L'anima franò nella nuda terra sepolse la sua luce
I sentimenti nascosero i loro petali in fondo alla gola strozzata
I sensi seccarono la fresca rugiada sui pori offesi
Quando il lurido maiale egli stesso sfinito dal suo vomitato letame sbavò il suo ultimo marciume sulla tua candida pelle di pesca odorosa
rifiorì timido il respiro
l'ultimo artiglio della belva
si confisse ancora nella tenera carne
Avrebbe quel ricettacolo di tutti i putridumi
ripreso volentieri la tortura maledetta ed efferata
avrebbe la sua mefistofelica smania continuato potendo per sempre nell'ignobile follia
Ma l'uomo per sua fortuna non è immortale e la libertà per chi resta in vita possibile
Mentre il redo ansimava reduce dal delitto commesso ricomponesti lo smembrato essere e sui tuoi passi ritornasti che albeggiava incontro a me che non ero stato lì e non mi do pace nel vederti sfigurata
Il tuo indicibile dolore sollevare vorrei al cielo
La colpa della mia stupida assenza pesa come un'universo su di una capocchia di spillo che è la mia coscienza