Due Cento ottantotto

Il mio sangue è rosso come quello
dell'altro, anche io gemo se mi tagli.
Eppure sembra lecito tirarmi senza
pietà una linea sulla carne per vedere
se là sotto il gesso sta intatto, se il conclave
dei fili senz'acqua ha ancora nostalgia
del getto. Ogni abbraccio mi arriva
con incarico di imbracatura: non lo fanno
per sentire dove in quel momento sta
messo il cuore, ma per evitarmi la
caduta. Difficile trovarmi la smagliatura,
l'impronta di qualcosa che  è uscito, un
tessuto generosamente sboccato:
sono solo vertigine su cui non va la piega.