Gli anni della libertà

Avevo undici anni
e il mondo finalmente respirava con me,
dopo i giorni uguali del collegio,
le preghiere in fila,
le finestre chiuse sulla mia voglia di cielo.

Tra gli undici e i quattordici
ho imparato il sapore vero del tempo,
quello che corre lento
e profuma di erba schiacciata
sotto le ruote leggere della bicicletta.

La campagna mi accoglieva
come una vecchia amica dimenticata,
e io pedalavo senza meta
con il vento nei capelli
e la libertà che mi riempiva i polmoni.

D’estate il fiume cantava per me,
mi tuffavo nell’acqua fresca
come se lavasse via ogni nostalgia,
ogni silenzio imposto,
ogni lontananza.

In autunno camminavo nei boschi
tra foglie dorate e passi leggeri,
cercando funghi e castagne
come piccoli tesori di stagione,
custodi di una felicità semplice.

Ma più di ogni cielo azzurro,
più di ogni sentiero profumato,
c’era il miracolo più grande:
poter stare accanto a mia mamma,
sentire la sua voce,
sapere che ero finalmente a casa.

Quegli anni non sono passati,
vivono ancora dentro di me
come una luce gentile,
come il ricordo più vero
dei giorni più belli della mia vita.